Salta al contenuto principale

La chiave di Nona

lachiavedinona

Nona Martini è una donna eccessivamente riservata. La sua non sembra essere propriamente e solamente timidezza, ma non ama apparire e tantomeno parlare di sé. A cominciare da quel suo nome così particolare, Nona, perché nata dopo quattro sorelle e altre quattro gravidanze finite male. Sì, certo, preferisce associare il suo nome alla Nona Sinfonia di Beethoven, anche se sa che purtroppo non è così, ma si associa perfettamente al suo amore per la musica e per il suo violoncello che suona da quando è alta giusto la metà dello strumento che è un regalo ricevuto all’età di quattro anni da un signore, un musicista, che alloggia nel casale della famiglia Martini quando necessita di trovare un po’ di pace per comporre. Nona è un talento naturale, ma anche sprecato, visto che, arrivata a trenta anni, non si è mai esibita davanti a un pubblico. O meglio, quando suona un pubblico ce l’ha, i suoi condomini, ma non sa chi apprezza e chi no e tutto sommato lei non se ne cura. Agata Romanenko, invece, per esibire si esibisce (almeno fin quando un incidente non le danneggia le mani) ed è anche una famosa concertista. Sta cercando la sorella Lucilla, fuggita da lei dopo aver scoperto le lettere di suo padre e della sua amante. Agata va a cercare sue notizie a casa dell’amica Elena, che tratta con grande arroganza e quando poi non ottiene alcuna informazione, si alza e se ne va. Una volta che Elena la vede uscire dal suo palazzo, chiama la sua amica Lucilla per avvisarla. Le ricerche della sorella scomparsa portano la concertista anche a casa del suo ex, Valerio, che ammette di conoscere gli spostamenti di Lucilla e di essere in contatto con lei, ma non sembra intenzionato a parlare: c’è qualcosa di irrisolto fra le due sorelle, anche se Agata teme che possa succedere di tutto, compreso il rivelare il tradimento alla madre che non sa niente…

I legami di parentela, facilmente intuibili fra tutti i personaggi, danno inizialmente un’idea di avere fra le mani un romanzo scontato, con sviluppo scontato ed epilogo scontato. E invece non è affatto così. Anzi quelle intuizioni, che indubbiamente poi si rivelano corrette, sono, per il lettore, un vero e proprio “inganno”, perché nascondono la sorpresa di molti altri colpi di scena e di risvolti impensabili del romanzo di Manuela Giacchetta. Al di là della storia, dalla trama ben orchestrata, ci sono trovate interessanti come la stessa “chiave di Nona” che oltre a dare il titolo a questo ennesimo romanzo dell’autrice marchigiana, è il simbolo intorno al quale gira l’intero dipanarsi delle vicende. Ci sono rose che raccontano l’amore per chi lo sa leggere tra i petali e una relazione che sembra ormai chiusa per sempre, ci sono personaggi esemplari nel loro rigore e in una disciplina ferrea che alla fine è solo la modalità con cui sono stati educati e che si sono autoimposti per un briciolo di affetto, quando, in realtà, hanno tutto un altro carattere; ci sono anche pazienze poi premiate e una scena finale che nessuno si sarebbe aspettato. Nel mezzo c’è una lettura piacevolissima, che in realtà mette addosso la voglia di saperne sempre di più, nonostante quell’idea iniziale, decisamente sbagliata. Tutto scorre tranquillamente e ci si immerge volentieri nei suoni (che possiamo solo immaginare) del violoncello, cercando di capire come il talento che “suona a orecchio” arrivi oltre la disciplina della conoscenza del pentagramma. Ma forse l’amore per la musica e la passione per suonare uno strumento vanno oltre qualsiasi lezione sulle sette note.