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La città di vapore

cittavapore

È un giorno d’aprile e David è davanti al suo portone di casa. Passa una ragazzina, di un paio d’anni più grande di lui, che tiene la mano a una domestica. Sono dirette alla libreria, che apre tuttavia di lì a mezz’ora. Allora la ragazzina lo avvicina e si presenta. Si chiama Blanca. Il suo abbigliamento, il suo portamento, il suo profumo fanno chiaramente capire che il suo mondo è lontanissimo da quello di David. Tuttavia, la ragazzina si siede sul gradino del portone di casa di David – dopo che lui vi ha appoggiato il suo giaccone pieno di toppe a mo’ di tappetino – e comincia a raccontare. Vive a Sarriá con la madre, mentre suo padre ha una casa vicino al mercato del Born. Antonia, la domestica, l’accompagna ogni giorno a trovarlo. Quando David chiede alla sua nuova amica come mai i suoi genitori non vivano nella stessa casa, lei si stringe nelle spalle e distoglie lo sguardo. David impiega un secondo per capire il messaggio: meglio cambiare argomento. David scopre di avere comunque qualcosa in comune con il padre di Blanca: entrambi creano racconti. Il papà di Blanca li scrive, David li inventa e poi li impara a memoria… Dicembre 1938. Le strade sono spruzzate di neve. Lei, vestita di bianco, entra in negozio reggendo in mano un panno di velluto nero che apre sul bancone senza proferire parola. Nell’ombra brilla una ghirlanda di zaffiri e perle. Don Odón mette una lente, esamina il pezzo e offre duecentocinquanta pesetas. La ragazza non dice una parola, riavvolge il pezzo nel velluto ed esce dal negozio.Don Odón chiama subito il ragazzino, che ha assistito alla scena dallo spiraglio della porta del retrobottega, e gli chiede di seguire la ragazza e non perderla d’occhio. Quella collana, in realtà vale almeno diecimila pesetas e lui non ha alcuna intenzione di lasciarsela scappare. Sa per certo che la ragazza tornerà – fan tutti così – ma nel frattempo è meglio non perderla di vista…

Nei suoi ultimi anni di vita e durante la malattia che lo avrebbe condotto poi alla morte, Carlos Ruiz Zafón – scrittore spagnolo la cui grandezza è riconosciuta in tutto il mondo – ha lungamente pensato a cosa lasciare ai suoi fedeli lettori, a compendio di quanto scritto in precedenza. Si dedica quindi alla stesura di nuovi racconti, cui affianca altre storie – alcune estratte da libri precedenti – edite in edizioni limitate e mai uscite in precedenza in Italia. Il risultato è questa raccolta di undici racconti: un gioiello che ogni appassionato della scrittura e delle ambientazioni di Zafón dovrebbe leggere. Tornano alcuni dei personaggi della serie de Il cimitero dei libri dimenticati, tra cui Gaudì che se la deve vedere con una strana commissione a New York o ancora David Martin mentre, da ragazzetto, sperimenta le prime stesure dei racconti che tanto ama. L’universo zafoniano, che trova la sua massima espressione nei romanzi capolavoro conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, è il cuore di ogni racconto, mentre le pagine in cui si assiste alla nascita del progetto di costruzione della mitica biblioteca conservano le atmosfere che si ritrovano, amplificate all’ennesima potenza, in ciascuno dei romanzi della serie. Zafón lascia ai lettori un’eredità preziosissima, un dono estremamente generoso che permette a chi già conosce la levatura e lo stile superbo dell’autore spagnolo di confermare il proprio apprezzamento nei suoi confronti. Allo stesso tempo i racconti di questo volume, alcuni dei quali davvero brevissimi, consentono a chi non abbia mai letto nulla, di toccare con mano e in maniera immediata lo stile peculiare di una penna capace di raccontare di una Barcellona misteriosa e un po’ cupa, tra le cui vie si muovono architetti visionari, scrittori maledetti, personaggi già incontrati che affiancano nuove figure non meno avvincenti. Luoghi e atmosfere che affascinano il lettore, lo incantano e lo conducono in un mondo magico, quello che solo chi sa maneggiare le parole con maestria riesce a rendere reale.