
Abbazia di Westminster, Londra, dicembre 1154. È giunto il momento di quella incoronazione tanto ambita dai futuri sovrani d’Inghilterra, quanto discussa dai vassalli. A pochi istanti dalla cerimonia, Elianor, duchessa d’Aquitania, osserva il giovane marito Enrico, come per ringraziarlo segretamente per averle regalato il diadema regale, sebbene non sia la prima volta che diventa sovrana. L’emozione della donna giunge all’apice, poiché il frutto della sua fertilità, arma cruciale di una regina, sta scalciando vigorosamente nel suo ventre. Terminato il rito, il re Enrico II rimane soltanto pochi minuti con la moglie, lasciandola sola e un po’ delusa nella sua stanza, per raggiungere con il cuore pieno di gioia il suo unico grande amore, Aelburgh, la quale, nonostante l’iniziale imbarazzo, lo accoglie con trasporto, pronta a trascorrere con lui una notte di passione. Il pianto sommesso di un bambino interrompe questo momento d’intimità e Aelburgh si alza a confortare il neonato appena sveglio. Enrico prende in braccio il suo primogenito Goffredo, e assicura all’amata e madre del piccolo che si prenderà cura del loro bambino, che sarà trattato, anche se illegittimo, come si addice al figlio del re. Ritiratasi nella dimora reale, Elianor è consapevole delle esigenze del marito, specialmente quando lei non può soddisfarle, ma ignora ancora la profondità dei suoi sentimenti. Una sera il fratellastro di lui, Hamelin, irrompe nella stanza in cui siedono a conversare i due coniugi e con un’espressione cupa, esorta il re a seguirlo. La costernazione segna il volto di Enrico, mentre Elianor assiste alla scena senza poter interferire o chiedere spiegazioni dell’accaduto. Diverse ore più tardi l’uomo farà ritorno accompagnato dal piccolo Goffredo che ha la stessa età di Guglielmo, l’erede al trono. La somiglianza tra i due bambini è sconfortante per Elianor, che viene travolta da un dolore esacerbato. Si controlla e nasconde i suoi sentimenti per non dare adito alle ciarlerie degli astanti, sicuramente colpiti dall’evidenza, ma capisce subito che la legittima eredità del figlio, che lei deve perorare, è gravemente minacciata da un figlio non suo, che va allontanato, magari confinato o segregato in una vita monacale. Passano i mesi e la donna sente la presenza ingombrante di Goffredo FitzRoy ma si rasserena allo sguardo del figlioletto Guglielmo, legittimo erede al trono, che ama infinitamente. Un giorno il piccolo è più taciturno del solito, ma la mamma, dopo averlo addormentato e messo a letto sotto le coperte calde, si rilassa, accudita dalle sue dame di compagnia. Urla laceranti come lame mortali trafiggono, a un tratto, il silenzio della notte ed Elianor viene travolta da un’angoscia assordante. L’abbraccio al bambino bruciante di una febbre violenta che sale a dismisura è l’ultimo gesto di amore materno che Elianor regalerà a suo figlio. Dopo, la sua vita non sarà più la stessa...
Il 25 novembre del 1120 nelle acque gelide della Manica al largo del Cotentin una nave normanna, la cosiddetta nave bianca, naufraga con a bordo centoquaranta passeggeri. Fra loro anche l’unico erede maschio al trono d’Inghilterra, Guglielmo Adelin, figlio del Re Enrico I, che annega nell’intento di salvare la sorellastra Matilda. La tragedia ha ispirato diverse leggende che raccontano il disastro come punizione divina per la mancata benedizione alla partenza, o anche, secondo il monaco Guillaume de Nangis, per gli atti di sodomia dei quali tutti gli uomini a bordo si sarebbero resi colpevoli. Enrico II ed Eleonora d’Aquitania, dopo diverse campagne belliche, erediteranno il trono inglese e il loro sguardo blasonato si farà beffa dei predecessori, ma la paura al pensiero di quegli avvenimenti terribili, li porta a separarsi e ad attraversare la Manica su navi diverse, affinché non si cancelli la loro dinastia e il loro regno possa prosperare. Quando Eleonora d’Aquitania vede per la prima volta Enrico, è ancora consorte di Luigi VII e regina di Francia, mentre lui è soltanto un giovane ragazzo che ambisce al trono, usurpato alla madre Matilde, Imperatrice del Sacro Romano Impero e figlia del re Enrico I. L’intuito e la tempra da stratega conducono la trentenne Elianor a sposare il giovane ventunenne, lasciando a Parigi un matrimonio annullato e due figlie, suo malgrado sconosciute. Fra i due non è chiaro se ci sia amore, ma sicuramente c’è un rapporto conflittuale tra caratteri forti e combattivi, uniti da una passione travolgente che non sfugge al calcolo e porta alla nascita di otto figli di cui cinque maschi. La corona d’inverno è il secondo volume della trilogia interamente dedicata alla splendida quanto elusiva Eleonora d’Aquitania. Racconta la turbolenta convivenza con Enrico II, segnata da contrasti politici e storie extraconiugali, come (e soprattutto) quella con l’amante bambina Rosamunda. Si narra l’intelligenza, la sagacia e la bellezza di una donna che, pur con i suoi difetti, è coraggiosa e determinata, si oppone alla presunzione maschile e con astuzia e forza tutela i suoi diritti di Duchessa, Regina e madre. E sembra perfetta nel suo ruolo anche quando, da abile affabulatrice, con dolce eloquenza strappa l’innocenza ai figli: il piccolo Enrico sposerà la neonata sorellastra delle sorellastre francesi, mentre la graziosa Matilde si convince del privilegio di diventare la moglie bambina di un uomo di trent’anni più grande di lei. Il narratore invisibile descrive con tratti decisi la protagonista Elianor, lasciando su di uno sfondo poco nitido le figure che ruotano attorno a lei, figure austere e di spicco nella storia Europea. Le lascia in disparte, evidenziandone i difetti, l’alterigia, forse privandole anche di quel lato sensibile che le renderebbe più umane. La penna di Elizabeth Chadwick rimane fedele alla scrittura che la contraddistingue, semplice e lineare, senza fronzoli, a tratti prolissa, ma che apre le porte della Storia a tutte le tipologie di lettori. La Chadwick è stata definita dalla rigorosa Historical Novel Society “la migliore autrice di fiction medievale dei nostri tempi”, poiché i suoi romanzi intrecciano magistralmente un’accurata ricerca storica con il racconto dai toni romanzeschi e un po’ poetici. Un’appendice finale giustifica le scelte dell’autrice, evidenziando i punti per i quali storicamente sussistono dei dubbi. Questa trilogia produce nel lettore una sensazione piacevole e rilassante, come la musica dolce e quasi ipnotica dei trovatori medievali. E ci sembra di ascoltarla quando il famoso Peire Vidal, innamorato di Elianor, canta la sua gratitudine per la scienza e conoscenza che lei gli ha dato.