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La Costanza è un’eccezione

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Costanza Macallè, sempre lei, con i suoi perenni conflitti, la sua fissa per Marco, il suo tesoro di bambina e un nuovo impiego, a Venezia. L’apparente quiete è turbata, però da una serie di messaggi della sua ex collega Sarah Foley, antropologa italianissima, ma con genitori americani, che la costringe a richiamarla. Costanza pensa che sia uscito un altro film con Timothée Chalamet, attore che va per la maggiore, invece Sarah le propone un lavoro, tra l’altro importante, con abbastanza soldi in ballo e la sede di lavoro è proprio Venezia. Costanza deve rinviare la chiamata alla sera, perché nel frattempo la sua piccola che ha ormai quasi cinque anni è rientrata a casa dall’asilo e la reclama, facendo un sacco di chiasso. Quando la sera richiama la sua amica, scopre che la signora Almazàn, veneziana doc, vuole finanziare l’esame dei resti dei suoi avi vissuti nel Seicento e nel Settecento e che riposano nelle cripte di Santa Maria della Mercede, attuale oggetto di restauro. Per fare questo, ha messo a disposizione cinquantamila euro. Anche Diana Dellisardi, nuovo direttore dell’Istituto di Paleontologia, la stessa che aveva vinto il concorso (poi rifiutato) per il posto che aveva preso Costanza, è d’accordo nel suo coinvolgimento. “Insomma - le chiede Sarah - ci serve una risposta a breve, ti consentono un lavoro extra nella clinica dove ora lavori?”. Costanza pensa alle tasse e a quanto le resterebbe in tasca da questo lavoro, soprattutto pensa a una vacanza con sua figlia nel Madagascar per vedere i lemuri. Ma, se per svolgere questa ricerca deve usufruire delle ferie, non avrà poi giorni a disposizione per il Madagascar. Quanti dubbi!

Dice l’autrice che questo terzo romanzo della serie di Costanza Macallè è l’ultimo e un po’ ne siamo dispiaciuti, anche perché ci appassiona la storia tra la fanciulla e il suo Marco e ci piacciono anche quegli inserti storici legati alle ricerche di paleopatologia che hanno pur sempre una base di verità. La Gazzola, infatti, ha volutamente scelto gli argomenti: questa volta era interessata non soltanto a Venezia, ma alla Venezia della prima metà del Seicento e alla congiura di Bedmar. Venezia e gli Spagnoli, insomma e su questo ha iniziato le sue ricerche, finché non si è imbattuta in un fatto di cronaca del 1678: una delle due figlie di Marino Ghelthof, un mercante di una famiglia originaria di Anversa, cadde da uno dei balconcini del Teatro di San Giovanni Grisostomo e lo stesso Marino, sconvolto dal dolore e dall’evento, stabilisce subito di far sposare l’altra sua figlia superstite con il suo aiutante, un orfano capace e ben visto. Le ricerche della scrittrice non hanno detto molto di più, ma lei stessa sostiene: “Come sempre, quello che la Storia tace, io lo invento”. Il romanzo è molto interessante e si legge con grande interesse, facendo sempre il tifo per Costanza sotto ogni punto di vista, sia esso sentimentale o professionale. La sua tenerezza di donna innamorata del padre di sua figlia si scontra a volte con la sua ritrosia a volerlo ammettere, sprecando minuti preziosi ed occasioni speciali. Tutto sommato, però, questa “guardia alta” per non incappare in ulteriori delusioni e sofferenze, la rende molto reale e, appunto, l’oggetto del tifo dei suoi lettori. Anche la piccola Florabella, ormai arrivata a cinque anni, con le sue trovate, le richieste, gli incidenti, le pretese e le carinerie, è sempre personaggio non secondario a Costanza e Marco, ma anzi quasi un trait d’union di tutte le storie.