
Un’antica casa di famiglia delle colline torinesi nasconde verità e segreti. Lì abita nonna Hildegard, pilastro della famiglia, centodue anni compiuti e vissuti quasi tutti con estrema lucidità, coraggio e una forza straordinaria che le ha infatti permesso di superare le numerose avversità e i molti lutti che hanno segnato la sua esistenza. Prima ha seppellito suo marito, conosciuto e sposato da ragazzina, e dopo il suo unico figlio, cosa che le ha causato per la prima volta un dolore vero e profondo che non pensava potesse essere in grado di provare. La nipote Polly, che ha vissuto con la nonna sin dall’infanzia, è la prima destinataria di una fiaba che Hilde ama raccontare, non solo per intrattenere la bambina, ma per cercare di infonderle coraggio e cercare di trasmetterle un insegnamento importante. Alla morte di nonna Hildegard, Polly ritorna nella casa di famiglia, teatro di scene atroci e ricordi dolorosi, e qui, ripensando alla storia che le veniva raccontata da bambina, decide che avrebbe fatto di tutto per riunire Maddalena ed Eleonora, le due nipoti, gemelle, che dopo essersi viste per l’ultima volta diversi anni prima proprio in quella casa, si erano allontanate, prendendo strade diverse e cercando di sopravvivere a quanto accaduto nel miglior modo in cui potevano farlo…
La storia che Giulietta Revel vuole raccontare è ben più profonda della semplice narrazione delle vicende della famiglia di nonna Hildegard. In questo suo primo romanzo, La fanciulla dalle mani d’argento, le protagoniste sono donne forti, vittime di abusi che hanno dovuto trovare la forza per andare avanti. La storia delle protagoniste si intreccia ed è influenzata da una fiaba che Hilde racconta a Polly, una sua rivisitazione della fiaba dei fratelli Grimm in cui un povero mugnaio, per un patto stretto inconsapevolmente con il Diavolo, deve tagliare le mani della figlia, la quale decide poi di abbandonare la famiglia perché non può più sopportare di vivere con quell’uomo che le ha fatto un torto tanto terribile. È chiaro fin dal principio di come questa fiaba non sia altro che una metafora, sia all’interno della narrazione, che per il lettore, e simboleggia l’incapacità di tante donne vittime di abusi di non riuscire a prendere in mano la propria vita, allontanandosi da ciò che le ha fatte soffrire fino a trovare il coraggio di denunciare quanto hanno vissuto. Lo stile narrativo evidenzia quanto sia importante dare voce alle diverse storie, con cui l’autrice è entrata in contratto direttamente, trasformandole poi in personaggi. Nel romanzo si alternano infatti i punti di vista della teutonica nonna Hildegard, della nipote Polly, incapace di amare, e delle pronipoti Maddalena ed Eleonora, le cui esistenze sono state segnate dalle vicende, ma anche dai nomi stessi e da ciò che portano con sé a livello etimologico e storico. Tutto il racconto è sospeso e quasi in bilico tra realtà e fantasia, tra la fiaba della fanciulla e le esperienze traumatiche delle bambine. Un inno alla forza delle donne e alla loro capacità di rialzarsi e di portare avanti le proprie battaglie.