
Francia. 1927. Prova un leggero senso di colpa e di preoccupazione. In occasione della conferenza sui classici della letteratura del Seicento, ha scelto di presentare alle sue giovani uditrici La principessa di Clèves di Madame de La Fayette. Teme di annoiarle a morte. Con sorpresa, le giovani si dimostrano entusiaste. Introduce l’autrice mostrando una sua immagine (“penso sia una buona idea mostrare il volto dell’autrice di cui parliamo: per chi ha dibattuto sulla forma del suo naso Madame de La Fayette non è più soltanto un nome stampato”). Distribuisce diverse copie del romanzo, senza commento: al centro deve esserci il libro. Non intende solo trasmettere nozioni, bensì “far soffermare qualche istante alcune menti vergini di fronte alla vera bellezza; non fornire una conoscenza, ma ispirare un amore”... 1934. È docente di filosofia al liceo Jeanne d’Arc di Rouen. Sta scrivendo una lettera alla direttrice dell’istituto. Una nutrita carrellata di colleghi l’ha denunciata alla Commissione del dipartimento della Senna Inferiore. L’accusa: essere un “indegno professore” per aver diffuso insegnamenti immorali contrari alle direttive del Ministero della Salute. I colleghi l’accusano tendenziosamente di aver dichiarato in classe: “Per una donna esistono cose più interessanti che occuparsi dei figli.” Questa accusa altri non è che una manipolazione della sua vera affermazione. Nell’ambito di una discussione critica sul tema “famiglia e natalità”, una sua studentessa ha veemente sostenuto che l’autentico compimento dell’essenza femminile risiede nella maternità, al che lei ha ribattuto: “Pensa quindi che non ci sia niente di più interessante per una donna che occuparsi dei figli?”. Come ben sa la signora direttrice, il suo compito in quanto professoressa di filosofia è quello di insegnare alle sue studentesse a pensare, e non certo cosa pensare… 1947. Sta tenendo una serie di conferenze negli Stati Uniti. Scrive un articolo incentrato sulla questione femminile che sarà pubblicato su “Vogue”. L’attacco dell’articolo, dal titolo Femininity, the Trap, è diretto, lapidario: “I francesi non sono mai stati femministi. Naturalmente hanno sempre adorato le donne, ma alla maniera dei popoli mediterranei, così come gli orchi adorano i bambini: per il proprio consumo personale”...
La femminilità, una trappola è una raccolta di brevi testi della filosofa e scrittrice francese Simone de Beauvoir. Redatti nell’arco di circa sessant’anni - dal 1927 (anno della prima pubblicazione dell’autrice, all’epoca giovane insegnante) al 1983 (tre anni prima della sua morte) - i brani sono il frutto di contesti ed esigenze ogni volta diversi; ciò spiega la natura sfaccettata della raccolta. Come un prisma, la raccolta brilla di sfumature sempre nuove. Si susseguono infatti riflessioni di pedagogia scolastica, di critica letteraria, plaidoyer, interviste, “ritratti” dell’eterno compagno Sartre. La raccolta si conclude con una sagace - e sempre attuale - riflessione sul tema della oggettivazione del corpo femminile nella pubblicità. In appendice, il lettore troverà un intervento di Annie Ernaux - scrittrice francese punta di diamante del catalogo della casa editrice romana e autrice di romanzi quali Il posto o L’evento (da cui è stato tratto nel 2021 La scelta di Anne, film vincitore del Leone d’oro come miglior film alla 78ª Mostra internazionale del cinema di Venezia). Qui Ernaux riflette sul legame “a doppio filo” che la lega a Simone de Beauvoir, sull’incontro fortuito e al contempo rivelatore con la filosofa, di come grazie all’opera monumentale Il secondo sesso, nel quale viene indagato e analizzato il concetto antropologico e culturale di femminino, sia riuscita a “situar[si] in quanto donna.” La femminilità, una trappola è consigliato sia a chi desideri tentare un primo approccio con il pensiero di Beauvoir, ma anche a chi già la conosce e voglia gustare tante piccole perle di analisi lucida, brillante e ironica di una società passata ma in realtà sempre identica.