
Svegliarsi dopo aver strappato i classici “cinque minuti” al richiamo del papà, stropicciarsi gli occhi mentre si fa colazione e, anziché preparare lo zaino per la scuola, partire per una meta più lontana. Comincia così la giornata di Lao. “Ora siamo pronti per seguire le orme di Gavino (…) Mio padre, il nonno di Lao: è per lui che vogliamo partire, per capire fino in fondo un pezzo della sua storia”. La destinazione è lontana, i chilometri sono sufficienti per raccontare un'intera esistenza. Chi era nonno Gavino? Nelle foto della sua giovinezza spicca una capigliatura folta e disordinata, come quella di un poeta maledetto. Con la sua fisarmonica verde si esibiva in melodie tipiche della sua terra d'origine, la Gallura, e portava un po' di Sardegna anche a Roma, lungo la via Casilina. Come tutte le storie di famiglia, quelle che cominciano con “Papà, mi racconti quella volta che…”, Lao ascoltava e cominciava a conoscere Gavino, la sua infanzia, e poi la guerra. Era lì, il nonno, ad ascoltare sconcertato il discorso di Mussolini a piazza Venezia nel 1940. Intanto, ai giorni nostri, il ragazzino e suo padre sono quasi al confine, la Germania si avvicina. La meta è al confine con la Polonia, a Lengenfeld. Sembra solo un puntino sulla carta geografica, adesso; in passato, è stato solo orrore. Qui era stato portato Gavino dopo l'8 settembre, accusato di essere un soldato che aveva tradito. A Lengenfeld c'era un campo di concentramento nazista per IMI: Internati Militari Italiani. “Fame, fatica, malattie. Senza speranza. La fine di ogni dignità”…
C'è un dolore che viene da lontano ma resta. Quel dolore vissuto da Gavino nel silenzio, nell'impossibilità di esprimerlo, è indagato dal figlio. Emergono racconti su racconti, intrecci di vissuti, carte, cappotti, nomi di luoghi, e una fisarmonica verde smeraldo di marca Grasselli. E sono verdi anche gli occhi del ragazzino che scopre questa storia durante un viaggio che diventa una spedizione nella Storia. “Ricordare è vivere”: gli orrori, le ingiustizie del passato possono guarire grazie a chi custodisce e nutre la memoria. Sì, sono tante le narrazioni degli orrori - ripetiamola ancora, questa parola - del nazifascismo e della guerra, ma non sono mai abbastanza. Andrea Satta ha scelto di scrivere una di queste storie e lo ha fatto con una delicatezza commovente. Del resto, è a lui che appartiene questa vicenda, pubblicandola - in particolare per i giovani lettori - la dona a quanti possiedono l'attenzione e la sensibilità per coglierla. Delicata, e forte. Con le parole giuste. Sono le parole di un autore che è anche pediatra, esperto nel parlare ai più piccoli di cose complicate, e musicista, cantautore. “La fisarmonica verde”, prima di essere pubblicato da Mondadori Ragazzi, è stato un premiato spettacolo teatrale, andato in scena con la band storica di Satta, i Têtes de Bois, per la regia di Ulderico Pesce.