
Quando il nonno del ragazzo, l’ingegner Malvasi, e l’avvocato Trevis arrivano all’università di Cambridge, vengono ricevuti dal rettore. Il colloquio si rivela imbarazzato se non inutile; il rettore non dice nulla che i due già non sapessero. L’ultima volta che è stato visto, Guglielmo “Will” Malvasi, quattordicenne prodigio dal Q.I. di 180 e già professore a Cambridge, era il ventun settembre. Quella sera, Will ha cenato al tavolo degli insegnanti, ha giocato a backgammon con un collega e infine, alle nove e mezza, è uscito dalla sala. Da quel momento in poi, nessuno ha più avuto sue notizie. Non ha portato con sé nessun effetto personale, cellulare o computer. Le ricerche della polizia non hanno condotto a nessun risultato. Alla fine dell’incontro, il rettore affida il signor Malvasi e l’avvocato Trevis ad Anantram Vikram, un buffo ometto di origine indiana dalle sopracciglia cespugliose, che fa fare ai due uomini un giro del campus. L’ingegner Malvasi riceve una telefonata e si allontana; Anantram coglie l’occasione per parlare all’avvocato dei ragazzi come Will: “individui precoci e straordinari nello studio ma inetti in tutto il resto, lontani dalle famiglie, sottoposti a formidabili stress psicologici e che ancora bambini salgono in cattedra di fronte a studenti con almeno il doppio della loro età”. Anantram mostra quindi il piccolo appartamento di Will e il suo ufficio; entrambi gli spazi hanno un impatto desolante, tutti e due spogli e privi di un qualsiasi riferimento alla sua persona, niente foto di familiari, amici o parenti. Solo oggetti impersonali: libri, un computer, stampe di cani da caccia dell’ateneo. Il giorno dopo, i due uomini ripartono. Anantram ritorna nel suo alloggio situato nella torre est e scrive nella chat “Tutto a posto” anche se Will non è in linea…
In esergo a La fisica degli abbracci il lettore troverà una citazione tratta dal romanzo Guanciale d’erba (1906) dello scrittore giapponese Natsume Sōseki: “È comunque difficile vivere nel mondo degli uomini”. La frase riassume alla perfezione il cuore pulsante del libro di Anna Vivarelli, ossia le difficoltà che intercorrono nei rapporti tra le persone, difficoltà che possono essere subdole, sottili, palesi e manifeste, ma comunque una costante in quella che è l’esperienza della vita umana. Relazionarsi con l’altro comporta sempre una certa dose di difficoltà (“L’enfer, c’est les autres” diceva Sartre nell’opera teatrale A porte chiuse), e per il protagonista del romanzo, il giovane Will Malvasi, è a tratti un’imposizione sociale insostenibile. La mente di Will è capace di astrazioni matematiche complicatissime, ragionamenti su teorie di fisica astruse ai più, ma che per lui sono la realtà perfetta in cui rifugiarsi. Perché nei luoghi dell’astrazione nessuno può ferirti. Non esistono allusioni né malintesi. Insomma, tutto è riconducibile a un calcolo, tutto torna. Nella vita invece, i conti non sempre tornano. Tra le pagine di bildungsroman ben confezionato, Will capirà che nella vita nulla procede come programmato, e che dall’incontro-scontro fortuito di più solitudini a volte possono nascere legami indispensabili, e perché no, anche familiari.