
Un uomo dal passato misterioso, animato da pericolosi istinti omicidi accompagnati da un’ossessione per il mondo dell’arte antica, fugge dal monastero umbro nel quale vive sotto la sorveglianza di una comunità di monaci. La destinazione del killer è Roma, dove, in un edificio del parco di Villa Borghese, allestisce una macabra ricostruzione del Gruppo del Laocoonte, utilizzando i corpi di tre malcapitati giardinieri. La particolarità della scena del crimine fa sì che la stampa ribattezzi l’assassino come “lo scultore”. La polizia si rende immediatamente conto che, per risolvere il caso, è necessario l’intervento di un esperto come il commissario Mancini, un uomo profondamente segnato dai suoi trascorsi professionali; proprio la sua capacità di comprendere le personalità di feroci criminali, con i quali sembra spesso intraprendere dei dialoghi interiori, gli permette, infatti, di seguire le giuste intuizioni. Affiancato dal fidato ispettore Comelio e dalla giovane e bella consulente d’arte Alexandra Nigro, il poliziotto comincia la sua indagine che, ben presto, lo porterà a scoprire un indizio determinante; lo scultore si è, infatti, lasciato alle spalle una traccia: un lembo di tessuto molto particolare, utilizzato da un unico ordine di frati. Il team rintraccia così il monastero che ha, per anni, cercato di custodire il killer; ma proprio nel momento in cui Fra’ Bernardo sta per fornire un’importante rivelazione, ha un malore. Mancini dovrà cercare la verità scavando in un passato di abbandono e di malattia mentale, ignaro che la soluzione di tutto è molto più vicina di quanto creda…
Dall’entrata in scena di autori innovativi (come Zerocalcare) e innovatori (come Paola Barbato e Roberto Recchioni), il fumetto italiano ha decisamente mutato la sua fisionomia. I cambiamenti non sono avvenuti solo nell’ambito della serialità, con l’introduzione per testate storiche di elementi di continuity in stile americano (cosa impensabile solo dieci anni fa), ma anche sotto l’aspetto dell’attualizzazione dei temi e dell’esplorazione di generi e di territori narrativi ancora poco conosciuti nel nostro Paese. In questo contesto, La forma del buio di Mirko Zilahy, autore anche del romanzo dal quale il graphic novel è ispirato, si inserisce quasi come un tributo alla vecchia scuola bonelliana, con qualche richiamo ad atmosfere accostabili alle sorelle Giussani. A conferma di questo approccio vagamente anacronistico ma tuttavia apprezzabile è di rilievo il notevole reparto grafico del giovane Domenico Esposito, che rappresenta il vero plus del progetto editoriale. La complessità della struttura narrativa che, di certo, è ampiamente sviluppata nel romanzo, trova purtroppo un’eccessiva compressione in questa trasposizione fumettistica, costituita da poche decine di pagine. La trama intrigante, personaggi accattivanti e ambientazioni a tratti horror finiscono quindi per risultare spesso solo abbozzati, in una storyline che si muove in maniera frettolosa tra una situazione e l’altra. La forma del buio è indubbiamente un prodotto interessante, ma da considerare come un’integrazione all’universo letterario dell’autore, creatore di una saga in tre volumi di cui questa storia rappresenta peraltro il secondo capitolo.