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La grande avventura dei diritti delle donne

La grande avventura dei diritti delle donne

Tutto comincia con il concepimento: sette milioni di anni fa, quando sulla Terra appaiono i primi uomini, nessuno di loro conosce niente sul grande mistero della vita. Ci si osserva gli uni con gli altri, ci si basa su elementi visibili: lo sperma dell’uomo, le perdite regolari di sangue della donna, la pancia di quest’ultima che improvvisamente si gonfia dopo l’atto sessuale. L’uomo si prende così (per via del suo sperma) tutto il merito del concepimento e, anche se nel 1875 finalmente la scienza prova la funzione essenziale dell’ovulo femminile a riguardo, ormai la frittata, come si suol dire, è fatta: la convinzione che l’uomo sia superiore alla donna ha avuto davanti parecchi, troppi secoli per sedimentarsi. Gli uomini primitivi venivano osannati perché cacciatori (la caccia era un affare complicato, e spesso infruttuoso), mentre le donne relegate alle mansioni di raccolta, considerate ‒ a torto ‒ mansioni di second’ordine, se si pensa che ciò che le donne raccoglievano riusciva a sfamare il clan per un buon 70%; in Egitto solo gli uomini potevano diventare faraoni ed essere considerati semidèi, e solo la loro eventuale primogenita (nel caso di prole esclusivamente femminile) poteva succedere al padre e detenere il potere. In Grecia, e nell’antica Roma, gli uomini erano i padroni incontrastati: la donna era considerata alla stregua di un bambino, il marito aveva assoluto potere su di lei; poteva solo stare in casa e sfornare marmocchi, possibilmente (manco a dirlo!) maschi: ci si occupava infatti di una sola neonata nella famiglia, mentre le altre venivano abbandonate e poi vendute come schiave o prostitute. Nel medioevo si considerava la donna impura dopo il parto (sempre se riusciva a sopravvivere ad esso), e già dall’età di sette anni veniva promessa ad un uomo o, in alternativa, affidata ad un monastero. Bisogna aspettare fino al Rinascimento perché le donne comincino ad avere un minimo di peso nella società, tramite l’accesso a professioni diversificate che non siano necessariamente quella di “angelo del focolare”...

“Le regole della vita sociale sono definite dal punto di vista degli uomini”: un’affermazione che ha avuto, e che ha (in parte) tuttora una sua ragion d’essere, anche se nel corso dei secoli, la passione e la determinazione di quello che è considerato da sempre il sesso debole, ha raggiunto traguardi importantissimi. Da l’accesso alle professioni più altolocate nell’ambito della medicina, della politica, della psicologia e della letteratura, alla conquista del diritto di voto (in Italia nel 1946); dalle leggi sul divorzio e sull’aborto (in Italia rispettivamente nel 1970 e 1978 grazie all’attività del Partito Radicale) alle conquiste sulla parità di trattamento salariale, fino a quelle più recenti in materia di stalking e violenza sessuale. Traguardi raggiunti nei vari Paesi del mondo in periodi differenti (anche se in alcuni, ancora oggi, vengono negati i diritti fondamentali: in Iran ad esempio, le donne adultere vengono lapidate, in India numerose neonate vengono soppresse alla nascita, in Russia è stata ritirata, proprio da una donna, la legge che tutelava dalla violenza coniugale) e soprattutto, con percorsi tutt’altro che fluidi: un passo avanti, e due indietro; molte le battute d’arresto, e moltissime le vite andate perse. Pensiamo alle donne tacciate di stregoneria e date alle fiamme, a l’estenuante e commovente lotta delle suffragette inglesi, al coraggio delle donne nere nell’America segregazionista simboleggiate da Rosa Parks, che un bel giorno, in Alabama, si rifiuta di cedere il suo posto in autobus ad un bianco. Tutte le tappe di questo sofferto excursus sono riassunte in questo libro delizioso, nel quale le simpatiche e irriverenti illustrazioni di Soledad Bravi, si fondono con le ironiche ed essenziali didascalie di Dorothée Werner, grande appassionata della rivoluzione femminista: entrambe collaboratrici del settimanale francese “Elle”, uniscono qui le forze nel mirabile intento di informare bambini e ragazzi nel modo più semplice ed efficace possibile, ma soprattutto nel mettere in guardia le nuove generazioni su l’assurdità e la pericolosità rappresentate dal pregiudizio. In un momento nel quale l’odio ingiustificato sembra voler prendere il sopravvento, si ha bisogno infatti di nuove leve che abbiano una visione chiara della società, capaci di approcciarsi al prossimo in modo consapevole, sereno e soprattutto, giusto. Che la battaglia è ancora molto lunga.