
Tutte le volte che il papà la manda a chiamare, Adunni si preoccupa, perché teme di aver fatto qualcosa di sbagliato. E anche ora, che si inginocchia davanti a lui con le mani nella schiena, capisce che l’uomo deve dirle qualcosa di brutto, perché ha gli occhi troppo opachi. Sono dello stesso colore che la giovane aveva notato tre anni prima, quando il padre l’aveva mandata a chiamare per dirle che non sarebbe più andata a scuola. Quello, insieme al giorno in cui era morta sua madre, è stato uno dei momenti più brutti della sua vita. E ora, cosa vorrà da lei suo padre? Perché sembra così arrabbiato? L’uomo fa un rumore con la gola e appoggia la schiena al legno del divano senza cuscino. In realtà un tempo il cuscino c’era, ma l’ha rovinato l’ultimo nato, Kayus, per averci fatto pipì sopra troppe volte. Nella stanza in cui Adunni e il padre si trovano ora c’è anche un televisore, ma non funziona. L’ha trovato il fratello maggiore Born-boy due anni prima, quando faceva lo spazzino nel villaggio accanto al loro, dentro un bidone dell’immondizia. Lo tengono in quella stanza solo per bellezza. C’è anche un ventilatore, ma due pale sono staccate e fa un gran caldo in quella stanza. Pare di essere dentro a un forno. Il papà di Adunni finalmente si decide a parlare e informa la figlia che, poiché è in ritardo con il pagamento dell’affitto e c’è il rischio che debbano lasciare la casa, Morufu, quello che guida i taxi, si è offerto di saldare il debito. Ma in cambio vuole che Adunni diventi sua moglie, la sua terza moglie, per l’esattezza. Il cuore di Adunni crepa all’istante: non ha neppure quindici anni e non vuole sposare un vecchio, che ha già due mogli e quattro figlie femmine. Lei desidera tornare a scuola, diventare adulta, insegnare e guadagnare i soldi che le consentano di comprare un’auto e una bella casa con il divano e i cuscini...
Un dizionario che racchiude tutte le parole: quelle belle e quelle brutte, quelle note e quelle sconosciute, quelle che parlano di libertà e quelle che raccontano i soprusi e la schiavitù. Un dizionario, trovato su uno degli scaffali della libreria nella casa in cui Adunni, la protagonista del romanzo di Abi Daré - cresciuta in Nigeria, ma da diciotto anni residente in Inghilterra, al suo esordio con un romanzo forte, che ha scalato in fretta le classifiche sia inglesi che americane e si è imposto come caso editoriale - si rifugia, per sfuggire ad una situazione che già l’ha condannata a seguire il destino cui ogni ragazza nigeriana è costretta, e nella quale trova un’altra realtà di privazione, umiliazione, ingiustizia. Un dizionario le cui pagine, tuttavia, sono un potentissimo strumento di salvezza, perché - Adunni ne è convinta e lo ripete spesso - un libro è un amico che aiuta a trovare la libertà. Ed è una libertà davvero difficile da conquistare quella cui aspira la quattordicenne nigeriana, che non ci sta ad accettare la sorte cui è destinata. Lei ama leggere, vuole studiare, sogna di diventare un’insegnante per trasmettere ad altri la sua sete di conoscenza e il suo desiderio di indipendenza. Anche nei momenti più difficili del suo cammino - quando deve lasciare il fratello per sposare un uomo molto più vecchio di lei che la vuole affiancare alle sua altre mogli; quando si ritrova a servizio presso una donna senza cuore, prepotente e arida, il cui marito fatica a controllare i suoi istinti - Adunni non perde di vista il suo obiettivo e, con una ingenuità che incanta ma che nasconde un’incredibile tenacia, sa trovare il coraggio e la grinta che le occorrono per non piegarsi ad una realtà stabilita da altri e per nulla condivisa. Attraverso le parole di Adunni - il cui linguaggio a volte impreciso e sgrammaticato contribuisce a renderla ancora più tenera e cara al lettore - la Daré dà voce a tutte le donne che lottano per il diritto di parlare, di studiare, di scegliere il percorso della loro vita. Una lettura intensa e a tratti commovente, che diventa un inno alla libertà, al coraggio e alla voglia di sognare un domani diverso. Un libro da leggere e da rileggere.