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La lingua degli dei

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Esiste una “storia ininterrotta, che va dalla civiltà minoico-micenea e da Omero fino ad oggi. Dentro di essa si innesta, da una parte, il sogno di una nazione ideale, maturato nella cultura occidentale fin dal tempo in cui la Grecia divenne una provincia dell’Impero romano, con la distruzione di Corinto nel 146 a.C. Dall’altra, il percorso storico, travagliato e notevolissimo, di un popolo”. Questa storia ininterrotta è narrata dalla lingua greca, ma è necessario saperla leggere; necessità che nasce dalla consapevolezza che “la lingua e la civiltà greca sono la nostra memoria comune”. Ma è tuttavia sbagliato motivare questa affermazione con una “astratta venerazione” nei confronti di un “bagaglio educativo considerato aprioristicamente illustre e ridotto con il passare del tempo a tecnica o ginnastica mentale”, perché si tratta di qualcosa di più profondo, connaturato in quanto “la grecità è il paesaggio su cui si delinea la nostra figura, lo sfondo del nostro ritratto”. I Greci hanno sempre avuto una grande consapevolezza della loro civiltà, evidenziata – anche e forse soprattutto – dal legame con la loro lingua che, nonostante si sia naturalmente evoluta e adattata nel tempo, è rimasta sostanzialmente uguale a quella classica e, anche quando i cambiamenti ci possono sembrare più evidenti, ad uno sguardo più attento ci rivelano con ancora più forza una matrice culturale ben definita, una mentalità peculiare, un substrato proprio e riconoscibile. Giacomo Leopardi nello Zibaldone sottolinea come la lingua e la cultura greca, il popolo greco siano riusciti a non confondersi mai con i popoli con i quali sono venuti a contatto, neppure con i dominatori turchi. Pare che tutti greci conoscano una specie di filastrocca infantile che allude proprio ai secoli della dominazione turca (1453 – 1821), quando era impedito di studiare la lingua e cultura greca. I sacerdoti ortodossi, allora, avevano organizzato delle scuole segrete che venivano frequentate di notte; in questo modo “si preservava, al lume di luna, contendendola all’oscurità, la lunga memoria della Grecia nell’animo delle nuove generazioni”. Esistono numerosi esempi che dimostrano la meravigliosa potenza di questa lingua – che, ricordiamo, fin dalle origini rappresenta un ramo indipendente delle lingue dette indoeuropee – che in molti casi sono rimasti intatti anche nel neogreco. Pensiamo alla parola εφιάλτης che significa incubo sia in greco classico (che si pronuncia ephiáltes) che in quello moderno (che si pronuncia invece ephiáltis). È noto che Efialte è anche un nome proprio, quello del pastore che svelò ai Persiani un passaggio segreto per aggirare Leonida e gli opliti greci alle Termopili, prima del famoso episodio dei Trecento. “La lingua greca opera una ‘dannazione della memoria’ al contrario: il nome del traditore dei Greci alle Termopili non viene cancellato. Al contrario, il suo diventa il nome comune del sogno d’angoscia, e insieme l’incubo degli incubi per il popolo greco: il rischio di perdere la libertà”. Attraverso una storia di catastrofi e rinascite, vere e proprie palingenesi, il popolo greco si è sempre battuto in nome di questa idea, semplice e complessa ad un tempo. Dal greco antico il termine ελεύθερος (in neogreco pronunciato eléftheros) resta invariato in quello moderno e “rinvia all’idea di membro legittimo di una comunità e, proprio in quanto tale, ‘libero’. È dunque una libertà relazionale quella che la lingua greca riconosce ed esprime”. Benché divisi – a cominciare dalle situazioni fisico-geografiche – diversi e persino rivali, ovunque e sempre i greci sono “consapevoli di essere una comunità, un solo popolo”, proprio in virtù del disprezzo per ogni forma di tirannia e di condizioni di sudditanza. Un esempio moderno di questo profondo senso di libertà e indipendenza, questa volta nel neogreco? Internet è una voce globale internazionale utilizzata pressoché in tutti i paesi europei e sta per international network, rete telematica internazionale. I francesi, da sempre poco inclini agli anglismi, usano il termine la Toile che significa semplicemente Rete (quella del ragno). I greci hanno inventato Διαδίκτυο (Dhiadhyktio) dove dhiá è la preposizione “tra” e dhyktio è la rete da pesca, termine identico nel greco antico…

Sottotitolo di questo grazioso libriccino di Francesca Sensini, professoressa associata di Italianistica presso la facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Université Côte d'Azur de Nice, è L’amore per il greco antico e moderno, ed è infatti una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti della Grecia, non solo quella classica, della sua lingua fino al neogreco e dell’immaginario di libertà che si porta dietro perché le è connaturato. Nasce così un racconto appassionato che, attraverso la narrazione mitologica, storica e aneddotica, e attraverso l’etimologia di diverse parole, molte di uso comune, diventa un piccolo saggio scorrevole, piacevole, divertente e facilmente accessibile per chiunque. Chi ha una cultura classica vi troverà, ovviamente, molte informazioni che conosce bene ma certamente ne scoprirà tante altre che soltanto chi ha studiato anche il neogreco e la storia moderna della Grecia può avere. Soprattutto imparerà a capire che quella dicotomia tra Ellade e Grecia moderna non è così scontata come solitamente si è portati a ritenere e che esiste, invece, un discorso unico, continuo e fluido che attraversa il tempo e la storia. In realtà quello di Sensini è un racconto che non segue un filo conduttore definito, cosa che un po’ potrebbe destabilizzare il lettore. Piuttosto sembra seguire personali riflessioni e suggestioni, nel tentativo di riannodare – o meglio evidenziare, perché in realtà non si sono mai spezzati davvero – quei fili che collegano un Paese oggi considerato in certo modo marginale alla magnificenza della Grecia antica. Lo dice benissimo l’autrice in una interessante intervista, “Greco antico e neogreco sono la stessa lingua. Nel mio libro ho voluto riallacciare il filo del discorso tra antico e moderno, Ellade e Grecia, raccontando, con l’aiuto delle parole di questa unica lingua, frammenti della storia appassionante di questo paese, spaziando dal mondo pre-olimpico al nostro millennio. E soprattutto rivolgendomi a tutte e tutti, chi non sa nulla di greco e chi invece lo conosce; chi ama la Grecia e chi ancora non sa di amarla”. Allo stesso tempo si scoprirà – e magari potrebbe essere una sorpresa anche per chi ha studiato il greco antico con poca passione – che non è corretto pensare che i grecismi siano relegati a lessici specifici (medici, filosofici, scientifici) perché parlando ne usiamo tantissimi senza saperlo; cosa che avviene ovviamente nel neogreco, dove, dice l’autrice, “alto e basso si incontrano”. Francesca Sensini, nella stessa intervista di cui sopra, ha detto che esistono saggi molto seri sulla lingua greca classica e che il suo intento era assai diverso, “Ho voluto raccontare, in un testo ibrido tra narrativa e saggio, la Grecia antica e moderna attraverso le sue stesse parole”. Tutte le lingue, dice, sono organismi viventi e anche il greco si è adattato ai mutamenti delle condizioni di vita, all’evolversi di idee e conoscenze, e avvicinarci al neogreco “ci invita a non chiuderci in gabbie mentali”. “La tradizione classica come concetto statico non mi pare interessante. E la Grecia antica senza la moderna ancora meno”. Poi aggiunge un concetto bellissimo che davvero emerge da questa lettura ed è condivisibile, ed è questo, “Un tratto distintivo del mondo greco a mio avviso essenziale per il nostro presente è la capacità di accogliere in sé il concetto di alterità ed elaborarlo”. Uscito quest’anno per rendere omaggio ai 200 anni della sua rivoluzione nazionale, che la Grecia festeggia proprio nel 2021, questo piccolo saggio romanzato, diviso in 24 racconti-capitoli, come i canti dell’Iliade e dell’Odissea, è una lettura piacevole per tutti, particolarmente consigliata a chi desidera conoscere la “lingua degli dei” senza averla mai studiata al liceo.