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La lunga attesa dell’angelo

La lunga attesa dell’angelo

È il maggio 1594 ed è buio nella camera da letto dove giace, tormentato dalla febbre, il pittore veneziano Jacomo Robusti detto il Tintoretto. Vicino a lui si trovano la moglie Faustina e i figli: Domenico, Marco, Perina e Ottavia. L’uomo sente di essere al termine della sua vita e, pur sfinito dalla malattia, intesse un fitto dialogo con Dio. Non intende implorare grazie né chiedere perdono, intende solo narrare le vicende più importanti della propria esistenza e rivelare i segreti che ha tenuto nascosti a tutti coloro che gli sono stati vicini. Il profumo dell’incenso si confonde con quello della resina di pino, del legno di aloe e della mirra che brucia nelle torce e, in silenzio, rifiutando le parole ai vivi che lo circondano, il pittore rievoca i fatti salienti della propria vita iniziando dal primo giorno di malattia e poi altri quindici giorni, fatidici. Nel delirio ricorda una visita all’interno di una chiesa veneziana. È quella della Madonna dell’Orto in Cannaregio, il luogo nel quale egli ha lasciato un’impronta di sé in ogni angolo, in ogni cappella, in ogni parete, proprio come si fa in un libro di memorie, in un diario intimo. A quell’ora trova solo il fornaio di Campo dei Mori che prega in ginocchio e un converso proveniente dall’attiguo monastero, che spazza la polvere con una ramazza. Dalle alte finestre il sole traccia sul pavimento una riga netta, di qua la luce, di là l’ombra che confonde il pittore che si volge verso la statua della Madonna con l’intenzione di accendere un cero. Ma non riesce nell’intento perché incontra una bambina vestita di bianco che ondeggia sopra di lui. La chiama Scintilla, il soprannome con il quale chiamava usualmente la propria figlia Marietta. Mentre la bimba cerca di scappare, Tintoretto la afferra per il lembo della veste e si accorge che porta al collo un monile identico al proprio. È un ciondolo con un pendente in pietra di calcedonio dal quale il pittore non si è mai separato…

Melania Mazzucco utilizza un verso della poetessa statunitense Silvia Plath, che inserisce nel poscritto del libro, per dare il titolo a un imponente affresco narrativo intorno alla figura del pittore veneziano Tintoretto, uomo ribelle e autore di opere di grandissime dimensioni, i teleri, la maggior parte realizzati tra il 1547 e il 1594 a Venezia. Una scelta audace quella della scrittrice, che da un lato evidenzia la fugacità della vita e dall’altro esalta la potenza creativa di un genio della pittura che osa sfidare la divinità, fornendo, riguardo ai fatti che lo hanno visto protagonista, una versione originale e del tutto svincolata dalle credenze religiose dell’epoca in cui visse. Effettivamente Tintoretto, nonostante la Controriforma, fu un pittore inquieto e geniale, in perenne antagonismo con il prossimo e la scrittrice, in questa biografia romanzata, ne rende ragione, ponendo al contempo al suo fianco l’unica donna ad avere il privilegio di seguirlo in bottega e di mostrarsi assieme a lui di fronte agli uomini di potere del tempo: la figlia Marietta. Il rapporto tra la donna esuberante e anticonformista e il padre burbero e stravagante rappresenta il centro della narrazione, nella quale emerge tutta l’umanità del pittore, che essendo di umili origini osa narrare di sé, dei propri successi e delle invidie che lo riguardarono all’inizio della carriera, senza alcun pudore. È come se la scrittrice abbia inteso ricalcare dalle opere d’arte, ciascun personaggio, operando una trasfigurazione dei caratteri per mezzo della parola scritta, e così oltre ad avvincere per la caratterizzazione della figura del protagonista, la trama appare di estremo interesse in quanto riporta alla luce altre figure importanti della pittura italiana di fine Cinquecento, tracciando le ansie e le inquietudini di ciascuno come in un affresco storico. Infine, la città di Venezia che viene tanto finemente descritta al punto da consentire al lettore di immaginare i colori della laguna, lo sciabordio dei remi, le vetrate delle chiese e finanche gli aromi che esalano all’interno delle abitazioni dall’acqua e dai muri scrostati di muffa.