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La lupa

La lupa

Puglia. Nelle campagne del Gargano sono le due del mattino quando la moglie di un latitante, Sonia di Gennaro, 53 anni, detta “La Lupa”, dà l’ordine ai suoi uomini di ammazzare Matteo Nobilucci, un giovane studente, “colpevole” di aver visto un omicidio e di averne parlato agli sbirri. Il killer ‘U Biond strozza il ragazzo con una corda di un pianoforte, Turcinill lo fa a pezzi con la mannaia e Sonia accende la telecamera per godersi appieno lo spettacolo. A Roma intanto il quarantaseienne Renzo Bruni, capo della seconda divisione della SCO (Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato), che si occupa dei delitti comuni, riceve una telefonata dall’ospedale San Giovanni Rotondo, perché Diego Pastore, soprannominato zio Teddy, si è risvegliato dal coma. Renzo decide di partire subito per Foggia e la moglie, risentita, ribadisce subito che non ci sono problemi, perché anche quando è a Roma rimane in ufficio fino alle 11 di sera. Anche il figlio, Carletto, non gli crede più quando gli dice che vedranno qualcosa in tv insieme. Purtroppo, però, questa è la vita che fanno i poliziotti e Bruni, sia per senso del dovere che per passione, non può sottrarsi, anche perché è lui che ha seguito il caso del pedofilo zio Teddy, che, prima di tentare il suicidio, ha ammazzato due bambini, una ragazza, la madre adottiva e due pregiudicati della società foggiana. Eppure, non appena Diego Pastore viene spostato dalla rianimazione all’ortopedia, riesce a fuggire grazie a un blitz organizzato da Sonia di Gennaro…

La Lupa è il secondo romanzo della Trilogia delle Croci in cui compare Renzo Bruni, dirigente bergamasco, innamorato del suo lavoro e uomo tutto d’un pezzo che suscita a tratti una certa antipatia. Piernicola Silvis, ex commissario e questore della Polizia di Stato, utilizza la sua esperienza personale per descrivere un mondo che ben conosce dal di dentro, sia quello della polizia che quello della criminalità organizzata che ha combattuto per tanti anni. Eppure, proprio da un autore che conosce l’universo di cui racconta così nel profondo, ci si aspetterebbe di più: invece, a tratti la trama non convince del tutto e risulta in alcuni casi pure prevedibile, guastando così la suspense che dovrebbe sempre tenere il lettore di un thriller in sospeso fino all’ultimo. Alcune vicende personali sono trattate in modo un po’ semplicistico e superficiale e il lettore si domanda il perché di queste mezze misure, si preferirebbe che a questo punto non venissero trattate affatto o piuttosto che venissero adeguatamente approfondite. Il tutto accompagnato da una scrittura blanda ed espressioni talvolta ripetitive. Decisamente interessanti e vivide, invece, le parti che descrivono il funzionamento della polizia e la sua congenita dipendenza dalla politica, nonché la criminalità organizzata del Gargano e del Foggiano, che calano il lettore all’interno del meccanismo delle batterie, dei pedinamenti, delle fughe di notizie, delle coperture, delle infiltrazioni, delle talpe e delle intercettazioni. È in questi passaggi e nelle introspezioni psicologiche di Diego, Sonia e Renzo che Silvis dà invece il meglio, immergendo il lettore all’interno di quella realtà con autentica maestria.