
Nel cuore della gelida notte lappone, tra gli abitanti del villaggio che dormono profondamente c’è chi si rigira tra le coperte, chi si alza per utilizzare il vaso da notte e chi produce della bavetta che cola inesorabile sul cuscino. A interrompere l’uniforme coltre umana di sonno, c’è la moglie del Colonnello che, infagottata nella sua vestaglia di renna e con i piedi protetti da calzettoni di peli di cammello, si alza dal letto e si dirige barcollando verso il camino. Accende il fuoco e questo, con un dolce crepitio, produce una bianca colonna di fumo che si innalza monolitica nella notte... È una ragazzina ed è fiera di far parte delle Lotta, l’associazione volontaria femminile nazionalistica che appoggia la Guardia bianca e il cui principio cardine è la difesa della patria. È nel campeggio estivo di Kittilä e qui impara a fare il caffè con le radici di dente di leone, a preparare il rancio per mille uomini, a fare centrini con l’uncinetto, a soccorrere i feriti. In una delle pause dalle attività del campeggio, si dirige verso un lago paludoso e in un impeto panteista di totale fusione con la natura, circondata da abeti ricoperti di licheni, s’immerge nelle acque con coleotteri, larve e pupe di zanzare che le ronzano attorno, si fa avvolgere dal fango e dalle luci fino a notte inoltrata per poi rientrare al campo. Qui, oltre a ricevere lezioni di vita pratica dalla moglie del pastore – generale del campo di Kittilä – insieme alle altre ragazze Lotta apprende come deve comportarsi una donna: a essere servizievole e ubbidiente con l’uomo che diventerà suo marito perché suo superiore morale, che lo dovrà amare di un amore innocente e puro perché l’uomo è di natura tirannico e la donna deve imparare ad accettarlo. Le Lotta, così come la Guardia bianca, si ispirano agli ideali tedeschi e sul senso di superiorità, nonché sulla “sacra triade: casa, religione, patria.” Le attività e i discorsi del campeggio la sovreccitano: si sente parte integrante del tessuto sociale, è imbevuta di ideali patriottici e nazionalistici e non fa che blaterarne a tavola. È stato suo padre a iscriverla all’associazione: si è appassionato di scoutismo in Germania e così ha deciso di importare l’idea a Rovaniemi. In Germania, suo padre non è entrato in contatto solo con lo scoutismo e con determinati ideali, ma anche con il Colonnello, il quale - stando a quanto le aveva riferito sua madre – l’aveva salvato quando aveva cercato di impiccarsi. Un giorno, dopo aver fatto la sauna assieme, suo padre si accascia a terra ed esala il suo ultimo respiro. Da quel momento, il Colonnello diviene una presenza sempre più costante a casa sino a diventare nuova figura paterna, un padre surrogato che non nasconde sguardi lascivi a lei e a sua sorella...
Con una biografia romanzata sulla scrittrice lappone Annikki Kariniemi (1913-1984), biografia che assume i contorni di un lungo monologo-confessione, la scrittrice Rosa Liksom racconta le vicissitudini e i tormenti della vita di una donna e di una nazione, la Finlandia, dagli anni dell’indipendenza dalla Russia (1917), dell’ascesa di Hitler e del Terzo Reich sino quelli che hanno seguito la sua disfatta politica e ben oltre, sino ai primi anni Ottanta. L’autrice procede nella narrazione senza filtri e senza censure, passando con naturalezza dall’incanto delle descrizioni dei panorami e della natura lapponi all’enunciazione nuda e cruda dei gesti più crudeli di cui un essere umano è in grado di macchiarsi. È la storia di formazione di una ragazzina che ama di un amore cieco e incondizionato la propria patria, con la bruciante passione di un’ideologia e di valori che le sono stati inculcati dall’intero apparato umano che la circonda (famiglia, scuola, religione, nazione) perché anch’esso imbevuto dalla stessa visione del mondo imposta da quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist – il cosiddetto “spirito del tempo” – da cui difficilmente ci si trae fuori. L’amore cieco e incondizionato della giovane protagonista non investirà solo la sfera astratta della nazione e dell’ideologia politica, ma anche e soprattutto l’ambigua figura del Colonnello, uomo dall’animo torbido, tormentato, ferito e di cui il lettore non saprà mai il nome. È affascinante notare come i due personaggi-fulcro dell’intero romanzo abbiano come unico referente il ruolo sociale che ricoprono: un grado militare lui, una figura ancillare lei, quasi a indicare una spersonalizzazione dell’individuo, privo di un’unicità e ridotto a mero ruolo sociale agli occhi degli altri, come la pedina di una scacchiera. La moglie del colonnello è un romanzo crudo, avvincente a tratti addolorante, che indaga senza moralismi le dinamiche psicologiche di una donna e quelle collettive di una nazione, che nel romanzo si intersecano e si influenzano vicendevolmente.