
Erto, osteria “Gallo Cedrone”, una notte di maggio del 2002. È l’anno internazionale della montagna, un’occasione speciale per portare al centro del palcoscenico sociale la grande signora. Mauro incontra ventuno ragazzi con cui intrattiene una piacevole conversazione. Cos’è la montagna, chiede loro? Solo “un ammasso di pietre o un insieme di terreni ripidi?”. Dio ha creato la madre terra e poi la montagna per rencurarci (cullarci, in ertano). Occorre prendersi cura di questa creazione naturale, godere dei suoi prodotti in una misura equilibrata, rifuggire dal bieco arricchimento e alimentare per quanto possibile la cultura del come avvicinarsi ad essa. È importante che le guide alpine insegnino ai bambini la conoscenza del territorio montano, le cose fondamentali da riporre nello zaino prima di un’escursione, che facciano capire loro l’importanza di studiare in anticipo la gita progettata. Bisogna alimentare l’educazione ambientale nelle nuove generazioni, introiettare loro il modo più giusto per vivere la montagna. Liberare i cinque sensi, “medicine per il corpo e l’anima”, aggiungere alla sapienza un pizzico di fantasia, rispettare, conoscere i propri limiti. Certo la montagna può essere anche svago e divertimento. Ma l’uomo non dovrebbe abusare con gli impianti di risalita, macchine per fare soldi, che abbruttiscono i paradisi naturali. E che dire dei parchi, come quello delle Dolomiti Friulane? D’accordo, sono una limitazione per molti animali, eppure impediscono nuove costruzioni abusive e tagli di bosco esagerati. Mauro affronta anche il tema dell’alpinismo. Spiega ai ragazzi che si è andati troppo oltre, che è diventato esagerato, nient’altro che la prova dei nostri fallimenti, delle nostre angosce. E poi ancora…
Pubblicato per la prima volta nel 2002, La montagna è un testo breve, agile, che assume i contorni un po’ sfumati del pamphlet. È l’anno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite designa l’11 dicembre “Giornata internazionale della montagna”, per creare consapevolezza sull’importanza delle montagne per la vita (così si legge sul sito della FAO). Sul piano internazionale è senza dubbio un segnale importante, anche se bisognerebbe prestare attenzione ad essa ogni giorno, così come “a tutta la natura, al mare, al deserto, alle colline, alle pianure, alle vigne, alle persone”. La vena polemico-costruttiva di Mauro Corona emerge già dalle prime pagine, rimanendo una peculiarità del libello. Con l’obiettivo di seminare giovani e fertili coscienze per far crescere alberi sani e robusti, lo scrittore, alpinista, scultore e uomo di montagna, affronta il tema a lui caro sotto angoli visuale differenti, con richiami di carattere anche religioso. Molti gli spunti interessanti. Lo sfruttamento della montagna, che viene derubata dei suoi prodotti a scopo di lucro, come fanno gli attuali taglialegna che lavorano quasi per intero con leve idrauliche e motoseghe; la necessità di un’educazione ambientale o della conoscenza dei luoghi montani, affinché si sappia che il mirtillo o la genziana si possono consumare, ma non la belladonna o il veratro (quest’ultimo mortale). Corona si sofferma sui cacciatori, lui che in passato è stato un bracconiere, ritenendo che una caccia di selezione rigidamente regolamentata si debba praticare, per ripristinare l’equilibrio originale. Certo entrambi uccidono gli animali, privando ciascuno del diritto di vedere un capriolo, ma il cacciatore è perfino abilitato da una licenza. Questa è etica? Molta curiosità suscitano le pagine in cui l’autore si sofferma sulle piante (sapete che la resina sciolta in alcool tiene le ulcere lontano?), sulle caratteristiche del legno ricavabile dai tronchi degli alberi, influenzate dal periodo dell’anno in cui avviene il taglio o dalle fasi lunari, sui trucchi per ottenere materie prime da lavoro di resa eccellente. Stradivari sapeva bene quando tagliare i legni per i suoi violini, un segreto che non rivelò mai. Immancabili le censure contro l’alpinismo contemporaneo, ridotto ad una folle gara, solo tecnica, impegno e stress. Un libro breve, denso di contenuti, con tracce inevitabili di retorica, che i ragazzi (e non solo loro) dovrebbero leggere per sapere di natura e ambiente alpestre, per pensare che “dalla cima di una montagna non si va in nessun posto, si può solo scendere”. Proprio come nella vita.