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La morte del tempo

La morte del tempo

Nella sala numero 67 del Museo del Prado di Madrid è esposta un’opera d’arte che non può fare a meno di catturare lo sguardo dei visitatori, di suscitare nella loro mente un’impressione inquietante e sollevare una serie di interrogativi angosciati. Il quadro ritrae un essere dalla capigliatura bianca e da una barba incolta, con due occhi sbarrati che lumeggiano tra le tinte oscure della scena in cui è stato raffigurato. Il vecchio è alto e ossuto, ha la pelle floscia e cadente, le sue braccia e le sue gambe sono magre e avvizzite. Ma le mani stringono con presa serrata il corpo mutilato di una preda di sembianze umane di cui si sta nutrendo. La bocca spalancata sembra emettere un urlo selvaggio che accompagna il pasto cannibalesco, senza tuttavia mostrare né piacere né soddisfazione. Come se egli fosse intento ad assolvere ad un adempimento inevitabile, ad obbedire istintivamente ad un rituale tanto oscuro quanto necessario. Dal titolo dell’opera d’arte scopriamo che il personaggio è Saturno e che il corpo della preda che sta divorando appartiene a suo figlio. Ma qual è la ragione di tale efferato gesto?

Il presente piccolo saggio di Umberto Curi – professore emerito di filosofia presso l’Università degli studi di Padova - esce nella collana Icone della casa editrice Il Mulino, nella quale gli autori esplorano le questioni contemporanee interrogando alcune grandi icone della nostra lunga storia culturale. Una lodevole iniziativa che si inquadra nella direzione assunta ormai oltre vent’anni fa da tanta parte della cultura di imboccare spazi pubblici attraverso festival e manifestazioni e allargare la platea dei lettori, mediante la scrittura di libri che promuovano un sapere a misura di ogni lettore. Umberto Curi, che alla produzione accademica ormai da anni accompagna testi capaci di affrontare tematiche etiche e sociali con un linguaggio capace di essere recepito da un vasto pubblico, ha buon gioco dunque nel consegnarci un testo che asseconda in modo encomiabile lo spirito della collana editrice. In questo libro sofferma la propria attenzione su “Saturno che divora suo figlio”, una delle 14 pinturas negras realizzate da Francisco José Goya intorno al 1820. Saturno, equivalente latino del dio Kronos dei Greci antichi costituisce la rappresentazione mitologica del tempo, costretto per sopravvivere a consumare ogni essere rincorrendo forsennato la propria stessa fine. Un incubo arcano che evoca potentemente il legame inscindibile fra il tempo e la morte, intorno alla quale molto resta ancora da chiarire.