
Sono cambiate tante cose nell’ultimo secolo in Russia, in particolare nelle due grandi città, quella di San Pietroburgo, poi Leningrado, poi Stalingrado, ora di nuovo San Pietroburgo, e quella di Mosca, l’eterna capitale, simbolo di un popolo e infine di un’ideologia. A partire dai nomi che sono cambiati come e quando è cambiato il potere: è il prezzo che si deve pagare passando dalla monarchia assoluta al potere dei soviet ed al controllo. Alla toponomastica, all’estetica ed all’arte russa tanto hanno contribuito i tanti e convulsi anni di storia, che da Napoleone a Gorbačëv, passando per l’avvento dei soviet, per il Nep di Lenin e per il grigiore di Stalin, ne hanno segnato potentemente l’anima. Dopo un’attenta e minuziosa descrizione della storia dei palazzi, delle vie e delle piazze di Mosca, intrecciata all'evoluzione urbanistica e architettonica con gli avvenimenti del periodo sovietico, l'autore fa una lunga digressione su tutte arti visive sovietiche e sulla letteratura. Il finale del saggio si sofferma sul difficile processo di destalinizzazione della Russia, che ancora oggi non sembra essere terminato…
Moscú de la revolución (1989) di Manuel Vásquez Montalbán è uno sguardo poliziesco sulla capitale russa e sulla storia della Russia, ben oltre la rivoluzione d’Ottobre del 1917 a cui allude il titolo, indagate strada per strada, piazza per piazza, opera d’arte per opera d’arte, per ripercorrerne fasti e miserie, illusioni e grigiore. L’autore catalano, di formazione socialista e quindi poi convinto comunista, è spettatore esterno ma anche interno di un processo che allo stesso tempo l’ha coinvolto e disilluso: per questo non può non soffermarsi sulla crisi di un sistema nato da tante speranze e terminato con un colossale fallimento che in maniera diretta imputa a Stalin ed al suo entourage corrotto ed in perenne conflitto interno (come non ricordare dello stesso scrittore il romanzo giallo Assassinio al Comitato Centrale ?). Forse per questo la parte più interessante mi pare quella dedicata all’assassinio per mandato di Stalin del terzo padre della Rivoluzione Russa, Lev Trotsky, di cui è ripercorso in modo dettagliato ogni momento dell’omicidio. Opera dispari, perché fuori dalla serie del commissario Pepe Carvalho, il libro nasce all’alba della perestroika che non fa a tempo ad esplorare, ma che comunque riesce a raccontarci in filigrana, quando ci descrive l’atmosfera post-rivoluzionaria del secondo dopoguerra. Per quanto comunque venato dall’ironia che è propria dello scrittore Vásquez Montalbán, il saggio è a volte pesante da leggere: sicuramente interessanti le numerose descrizioni che entrano nei particolari della storia di un popolo, ma non è sempre un narrato di facile ed immediata lettura.