
La ragazza entra nella dispensa. Sposta alcuni barili trascinandoli sul pavimento e fa ritorno con la grossa tela: la appoggia a una parete e toglie il panno che la protegge. Olive guarda il quadro senza dire niente. Lei e la madre sono riconoscibili, ma hanno uno sguardo diafano e le labbra di un rosso banale. Dietro alle loro teste si scorgono strane aureole luminose e, oltre di esse, uno sfondo di un verde ordinario. Nell’opera non c’è emozione né anima né forza – nessun azzardo nell’uso del tratto o del colore, nessuna originalità, nessuna magia. Nessun segreto cui si allude, nessun gioco, nessuna storia. Non che il dipinto sia terribile, ma al massimo lo si può usare per un biglietto d’auguri natalizi. Olive lancia un’occhiata a Isaac. Il giovane guarda il quadro con le braccia conserte e la fronte aggrottata. A cosa pensa? È contento? Crede che sia un buon dipinto? Non c’è nulla di sbagliato, nel tipo di arte che Isaac propone: dov’è scritto che ogni opera debba costituire una sfida alle convenzioni? È un lavoro gradevole, ma puerile. Suo padre lo stroncherebbe. In quel momento, Olive si rende conto che una parte di lei ha fortemente desiderato che Isaac fosse bravo. È più difficile avere una relazione con un uomo privo di talento. Forse assomiglia ai suoi genitori più di quanto pensi. È più facile ammirare qualcuno che ha un dono: la compassione porta all’indifferenza…
Il miniaturista, racconto di formazione e riscatto che è anche un thriller molto ben architettato e un romanzo storico efficacemente caratterizzato (l’ambientazione è Amsterdam, sul finire del diciassettesimo secolo), è diventato in breve tempo un vero e proprio caso letterario globale. La sua giovane autrice, la londinese Jessie Burton, è ora tornata in libreria con un’altra opera che riprende e rielabora i temi, gli interessi e lo stile del precedente romanzo, confermando che non solo si tratta di una scrittrice colta, raffinata e abile, ma anche di un’autrice originale, sensibile e piena d’inventiva, che sa anche dare voce con forza alla denuncia delle prevaricazioni, qualsiasi esse siano, dei superbi sugli umili: il suo stile è ricco di sfumature e dettagli, semplice, comprensibile, elegante e lineare, mai sensazionalistico. Il nucleo della narrazione è fatto di molti argomenti, tutti ben amalgamati, come le diverse linee temporali: al centro c’è l’arte, e quindi in generale la bellezza, che genera amore e ossessione, e può avere un grande potere sulla vita delle persone. C’è un quadro, infatti, che ha una storia carica di segreti, che a distanza di decenni unisce le due – molto riuscite – protagoniste della vicenda: Odelle, che nel 1967 sta per diventare dattilografa presso la Skelton Gallery di Londra, sotto la guida dell’affascinante e misteriosa Marjorie Quick, e Olive, figlia di celebre un mercante d’arte che nel 1936, in un’oasi di campagna nella Spagna in guerra, sogna di diventare pittrice. Un giorno un ragazzo che ha un debole per Odette porta il quadro, dato per perso da tempo, in galleria, e…