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La nonna bambina

La nonna bambina

Millet ha un rapporto speciale con la nonna, sin da quando era piccolissima. Ora che ha sei anni e va a scuola, Millet ogni giorno va da lei a mangiare la minestra di fagioli rossi e giuggiole rosse. Ogni giorno, tranne quello in cui la nonna si è dimenticata la minestra sul fuoco. Come è successo? Non era mai accaduta prima una cosa del genere! Quando sono andate al mercato insieme, il fruttivendolo ha dato il resto alla nonna - Millet lo ha visto con i suoi occhi - ma lei sostiene di non averlo ricevuto. E così via: tutte cose che non erano mai accadute prima! La nonna all’improvviso ha la bocca che assomiglia a una parentesi tonda rivolta verso il basso. Il dottore ha spiegato che si tratta di una malattia, in seguito alla quale l’anziana donna sta perdendo la memoria. Millet ha paura che venga un giorno in cui si dimenticherà anche di lei, la sua affezionata nipote. Che cosa si può fare? Millet si occuperà di lei proprio come se fosse la Piccola, la bambola di pezza che tanti anni prima la nonna ha cucito per lei. La bambina è felice e anche la nonna sembra proprio tornata felice: parla poco, ma sorride; qualche volta si confonde, ma è circondata da chi le vuole bene. È la più anziana, ma la più giovane, la più grande e insieme la più piccola della famiglia: è una nonna bambina…

Non è impresa da poco, parlare di malattia ai bambini, ma è un argomento necessario, perché può far parte dell’esperienza dei più piccoli e in quanto tale suscita domande ed emozioni che vanno affrontate. Meno semplice ancora è parlare di malattia senza limitarsi a nominarla, a fornirne una qualche versione più facilmente accettabile, mettendo invece in relazione questo stato, questa possibilità, con i grandi temi che porta con sé: la morte, la vita, la felicità. Troppo complicato per i piccoli lettori? Io credo fermamente di no: complicato è ciò che non si riesce a spiegare, a nominare, ad accogliere. Quando al contrario una narrazione compie uno sforzo in questa direzione, allora diventa semplice. Semplice nel suo significato più letterale: piegato una sola volta, non già dispiegato, appunto, ma da aprire alla propria conoscenza. Proprio come si apre un libro. Questa storia riesce in tutto questo, lo fa con un linguaggio chiaro e accuratissimo, lo fa senza paura di mettere sulla pagina la tristezza, anche quella degli adulti, senza paura della paura, svincolandosi dalle categorie di grande/piccolo, giovane/adulto, perché prendersi cura degli altri è una forma d’amore che non conosce ruoli. Le illustrazioni, gradevolissime, completano la storia nei toni caldi.