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La nostra casa

La nostra casa
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Si va a scuola rigorosamente in bici. È quello il mezzo di trasporto d’elezione. Ma a volte una ruota è sgonfia, cose che succedono. Oppure si capisce già dalla mattina che la pioggia durerà per l’intera giornata, senza smettere mai. Per questo i ragazzi collezionano abbonamenti mensili scaduti. Gli abbonamenti sono stampati su dei cartoncini spessi. Tre lettere per il mese, due cifre per l’anno. Davanti all’anno di validità appiccicano un vecchio OTT, NOV o DIC. Non è proprio una frode, alla fine della fiera. Si limitano a prorogare la validità di biglietti che hanno comunque pagato, un tempo. E poi ci sanno fare. Che le carte siano state tagliuzzate si capisce solo se c’è qualche sospetto. Sotto la pellicola protettiva tutta graffiata gli abbonamenti sembrano normalissimi. A Berlino, sostiene Höppner, gli autisti di autobus oltretutto capita che qualche volta diano persino un passaggio agli autostoppisti: e se Vera replica che è successo una volta sola che l’autista li abbia fatti salire, a quel punto Frieder osserva che dunque è capitato con tutti gli autobus con cui ci hanno provato, quindi la percentuale di successo è un più che apprezzabile cento per cento…

Germania, anni ‘80. I Madness cantano Our house, Höppner, orfano di padre, nipote di colui che era il proprietario dell’ex fattoria dove ora si sta trasferendo, mette su, grazie anche a qualche soldino messo da parte con il suo lavoretto all’allevamento di polli, una vera e propria comune, Auerhaus. Della cui esperienza è la voce narrante. Dove vivere tutti in gruppo, mangiando, bevendo, chiacchierando, tra amici, senza adulti, per crescere, com’è inevitabile, ma godendosi la gioventù e la spensieratezza, finché ci sono, senza diventare subito degli automi incastrati tra la scuola, il lavoro, i compromessi e poi la morte. Insieme a Vera, stupenda, Pauline, Cäcilia, che di famiglia è ricchissima ma non vuole un centesimo dai suoi (il che fa onore a lei ma non aiuta il bilancio della convivenza, e quindi i coinquilini devono arrangiarsi con qualche espediente spesso non proprio lecito), Harry e soprattutto Frieder. Quello per cui, in fondo, sono tutti lì. Perché è il più fragile. Perché è il più triste. Perché è buono. Perché ha tentato il suicidio. Perché va protetto. Praticamente impossibile non emozionarsi con questo romanzo che ricorda Il grande freddo e tutti i suoi “fratelli”, una grande storia d’amore e di vita dal pathos travolgente, che ti fa conoscere gli amici che vorresti e che avresti voluto incontrare.