
È l’asetticità delle camere d’albergo che spinge le coppie di avventori a insozzarle con le tracce della loro passione. La pagina bianca, un po’ come le camere d’albergo, gravida di infinite potenzialità di narrazione, invita lo scrittore a insozzarla con le sue parole. Ma forse è forse proprio a causa di tale perfezione che lo scrittore si paralizza. Il bianco essendo la somma di tutti colori, è superiore alle parole, che altro non sono che macchia scura che “infrange il corpo perfetto” della pagina… La pagina bianca è una piazza spopolata: è piazza di Trevi, quella della monumentale Fontana, però senza turisti. Se non ci fossero stati loro, lei non avrebbe mai iniziato la sua carriera di scrittrice. Fin da ragazzina infatti, nel grande magazzino che apparteneva a suo nonno, osservava la felliniana carrellata di persone e personaggi sfilare davanti ai suoi occhi tra odore di colle, resine e paraffine che si mescolavano al profumo della merce esposta… Vichi rigira la penna tra le dita. Il bianco della pagina le oppone resistenza: è abbacinante a causa della luce che vi si riflette, o più probabilmente per paura delle parole sbagliate. Si trova ad Antiparos. È lì che Alberto, con la scusa di una rimpatriata tra amici, si è rifugiato con la sua tresca. Una volta giunta sull’isola greca, si domanda come sia possibile che un luogo così bello possa generare dolore. La mattina seguente vede l’uomo sposato. Soggiorna nel suo stesso albergo con la famiglia: moglie e due figli, un maschio e una femmina. L’uomo sposato sembra felicemente sposato… Alice si dirige verso la macchinetta del caffè del reparto Ortopedia. Mentre cerca di dar sollievo al mal di testa appoggiando la fronte al vetro della finestra, sopraggiunge Luca, suo collega. Le domanda se può visitare un paziente che hanno ricoverato per una frattura al femore. L’anziano e scorbutico paziente si chiama Giacinto e vuole andarsene: i medici sono buoni solo a fargli buchi. Il paziente dice di avere fame nonostante nel piatto sia rimasta della pastina. Alice nota inoltre che l’uomo ha un lato del viso non rasato. Così gli porge un foglietto e gli chiede di scrivere una dichiarazione del perché non è soddisfatto della cena. Dopo qualche sforzo, l’uomo le restituisce il foglietto. Le parole sono tutte schiacciate sul bordo destro lasciando lo spazio sinistro bianco…
La raccolta di racconti a cura della Scuola di scrittura Belleville ha come fil rouge – si perdoni il gioco di parole cromaticamente inadeguato – il tema della pagina bianca, da sempre croce e delizia di scrittori e scrittrici in quanto racchiude in sé la paura e al tempo stesso il desiderio di cominciare. Potrà essere considerato un cliché, ma quando si pensa alla scrittura c’è una scena che troneggia nell’immaginario collettivo: lo scrittore ingobbito coi capelli arruffati che, preso da un moto di frustrazione, straccia e appallottola il foglio perché le parole con cui l’ha macchiato gli appaiono inadeguate. Ed eccolo lì, a capeggiare in copertina di fianco alla lista dei ventidue autori che hanno contribuito alla raccolta, il foglio appallottolato, simbolo della frustrazione che il processo di scrittura necessariamente comporta, dello scarto, del tentativo. Leggendo i racconti, è interessante notare come l’indicazione alla base di questo progetto prenda forme differenti a seconda del sentire e della sensibilità di ciascun autore. Di volta in volta, la pagina bianca assume i contorni di metafora, di similitudine, di referente concreto, di personalità pensante, di possibilità mai concretizzate. Il lettore passa così dai toni intimisti e malinconici di un racconto sul tempo che passa all’ironia e alla frizzantezza di un testo composto di aforismi, calembour e riflessioni meta-testuali sulla pagina bianca per poi ritrovarsi immerso in una narrazione distopico-futurista che sembra anticipare, estremizzandole, le conseguenze della crisi pandemica che stiamo tuttora vivendo. La pagina bianca si tinge così di sfumature ogni volta differenti: nella prefazione, Giacomo Papi afferma che il “carattere quasi sperimentale” della raccolta è il felice risultato di una scelta ben precisa, ossia quella di non fornire troppe indicazioni per far esplorare liberamente il tema del rapporto con la scrittura. Tra gli autori dei racconti si annoverano non solo scrittori affermati, ma anche esordienti, in particolare tre allievi della scuola che hanno già pubblicato o sono in procinto di farlo.