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La piramide di fango

La piramide di fango

Ancora una nottata di lampi e tuoni, dopo giorni di pioggia che pare un diluvio, poi quell’incubo opprimente: come vuoi che cominci la giornata per Montalbano? La telefonata dal commissariato arriva puntuale: è stato rinvenuto un morto ammazzato in un cantiere edile. Al commissario tocca andare in loco; sempre che qualche auto di servizio si decida a partire e riesca ad attraversare il mare di fango che circonda il grosso tubo per la condotta idrica nel quale l’uomo, in canottiera e mutande, è stato ritrovato con una pallottola nelle spalle. Dalle prime indagini emerge che si tratta di Giugiù Nicotra, contabile della ditta vincitrice dell’appalto per la controversa opera pubblica in questione, ma anche che molti, troppi indizi vorrebbero indirizzare l’attenzione della polizia verso le infedeltà coniugali della moglie dell’uomo, una giovane e disinvolta tedesca. D’altra parte “in Sicilia è sempre una quistioni di corna”… Ma a Montalbano, benché distratto dalla preoccupazione per la salute della sua Livia, i conti non tornano: tutto quel fango che circonda il cantiere è nulla in confronto alla mota ben più viscida che sembra celare, fatta di appalti pubblici truccati, società implicate in affari poco puliti, materiali scadenti, personaggi legati alla mafia. E poi pare quasi che Nicotra, spingendosi ferito fin lì, abbia voluto indicare qualcosa. È necessario allora aprirsi un varco in qualche modo in questa inaccessibile piramide di fango, proprio come avvenne per la misteriosa piramide di Cheope…

Compiono vent’anni le storie dedicate al commissario più amato d’Italia, sicuramente grazie alla penna del suo “papà” Andrea Camilleri, ma anche per merito delle fortunate e seguitissime (persino nelle repliche infinite) riduzioni televisive con protagonista Luca Zingaretti. Negli ultimi episodi il commissario sembrava aver perso smalto e lucidità, più che altro impegnato  a farsi turlupinare da giovani fanciulle che si prendevano gioco dei suoi turbamenti da uomo di mezza età. Chissà, forse anche grazie ai malumori suscitati in molte lettrici e in molti lettori, poco propensi ad accettare debolezze così “umane” e desiderosi di ritrovare l’eroe senza macchia e senza paura (come si conviene appunto e probabilmente ad un eroe di fantasia, ché della realtà ne abbiamo abbastanza), finalmente Montalbano torna a preoccuparsi esclusivamente della sua donna storica. L’indagine, invece, attinge più che mai all’attualità e pesca nel torbido di vicende purtroppo assai reali. Il risultato è una storia scorrevole e piacevole, intessuta con tutti gli elementi consueti (l’indagine, i coprotagonisti simpatici, gli svarioni linguistici di Catarella, le delizie culinarie della cameriera Adelina che fanno venire l’acquolina in bocca) nel solito linguaggio a metà tra italiano e dialetto che abbiamo imparato ad amare. Magari la trama non risulta particolarmente originale e sorprendente, ma che importa? Due ore divertenti sotto l’ombrellone questo libro le regala di certo. Bentornato, Montalbano.