
Terence Cave vive a York, Inghilterra, in un appartamento sopra il suo negozio di antiquariato. È autunno. Guarda fuori dalla finestra i colori della stagione, distogliendosi un attimo dai libri contabili aperti sulla scrivania e, all’improvviso, sente delle voci che scandiscono il nome di suo figlio Reuben. Sposta lo sguardo e lo vede arrampicarsi a fatica su uno dei lampioni del parco lì vicino. Corre immediatamente fuori di casa perché lo vede in difficoltà, ma mentre si avvicina, Reuben, provato dallo sforzo, cade pesantemente a terra, morendo sotto i suoi occhi. Sconvolto, si scaglia contro il gruppetto di amici lì intorno, che non hanno fatto nulla per aiutarlo. Tra questi, scorge un ragazzo alto e muscoloso, Denny, e si imprime il suo volto nella mente. Un’altra tragedia si abbatte su di lui e sulla figlia Bryony: a Terence è morta suicida la madre, la moglie è stata vittima di una rapina al loro negozio e adesso è toccato a Reuben, il gemello di Bryony. Padre e figlio non avevano un rapporto particolarmente buono, era un quindicenne complicato e introverso anche perché il genitore a lui ha sempre preferito Bryony, bella e intelligente, che suona il violoncello ed è il suo “Fiorellino”. Preoccupato per la reazione della figlia alla scomparsa del fratello, inizia a sorvegliarla morbosamente, a controllare sempre più ossessivamente ogni sua mossa, fino a fissarle delle vere e proprie regole, talmente privative che Bryony ci mette poco a trasgredirle. Il tutto precipita quando Terence scopre che la ragazza esce con Denny, l’amico di Reuben, che è certo sia un poco di buono, non all’altezza di sua figlia. La parabola si farà presto drammaticamente discendente...
Siamo di fronte a uno dei primi romanzi pubblicati da Matt Haig, prolifico ed eclettico scrittore inglese (scrive anche narrativa per ragazzi e saggi). Diciamo subito che Terence Cave è un personaggio che si inizia presto a detestare: come genitore commette tutti i possibili errori che un padre dovrebbe evitare come la peste e, come essere umano, è un insopportabile snob. È dispotico, intransigente e, se questo non fosse sufficiente, diventerà anche la surreale preda dei ricordi del figlio, una vera e propria possessione. Anche qui, come in altri romanzi, tra cui il bellissimo Come fermare il tempo, Haig introduce il soprannaturale che, nel caso in questione, risiede nella sospensione della sua coscienza, un buio interiore in cui Terence diventa Reuben e si trasforma nella sua mano vendicatrice. I vari personaggi sono archetipici, ognuno ha la propria funzione: Terence è il padre morboso e costrittivo, e lo snob che etichetta negativamente le persone che non rispondono ai suoi standard, già alla prima occhiata; Cynthia, la suocera, è la voce della ragione e del dialogo; Bryony, è la ribelle per giusta causa; Denny il bullo che in realtà è tutt’altro; George Weeks il buono che cela il mostro; Reuben, il figlio non prediletto e complessato. Per restituire un po’ di dignità a un uomo sgradevole come Mr Cave, le sequenze riflessive che si intercorrono per l’intero romanzo ci restituiscono sia il suo bagaglio culturale (molti sono i riferimenti a figure della letteratura e della filosofia) sia le sue considerazioni su diversi aspetti esistenziali, alcune condivisibili. La struttura del romanzo è “epistolare”, nel senso che si tratta di una lunghissima lettera rivolta alla figlia, in cui Terence spiega il suo punto di vista su tutta la vicenda, in modo che il lettore abbia presenti le due facce della realtà vissuta; inoltre ogni capitolo finisce con una sorta di prolessi appena accennata, che ci preannuncia qualcosa che sta per succedere. L’intreccio scorre tra passato e presente, con qualche inciampo un po’ oscuro a livello di comprensione. Non è un libro da divorare, ma si lascia leggere abbastanza piacevolmente.