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La ragazza del Bauhaus

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Weimar, 1921. Luise Schilling, ventenne appartenente alla medio-alta borghesia imprenditoriale berlinese, è convocata nello studio del direttore del Bauhaus, Walter Gropius. Dopo interi mesi di preparazione e studio delle basi del disegno architettonico vissuti nella clandestinità di uno studio messole a disposizione da un amico di famiglia, eccola varcare per la prima volta le soglie dell’istituto. Grazie alla mediazione materna è riuscita a strappare al padre il consenso per frequentare le lezioni, benché esso appaia vincolato alla frequentazione del laboratorio “femminile” di tessitura. A questo proposito è utile notare che nonostante il manifesto programmatico dell’istituto esibisca un atteggiamento consapevolmente inclusivo - «si accettano tutte le persone incensurate senza differenza di età e di sesso la cui preparazione di base venga ritenuta sufficiente dal Maestro del Bauhaus» -, nei fatti le studentesse sono quasi sempre indirizzate verso i laboratori di tessitura, legatoria e ceramica vedendosi precludere l’accesso a quelli di falegnameria e architettura. Terminati gli studi le possibilità di accedere a ruoli di prestigio nelle professioni d’arte e di concetto sono irrisorie e la direzione del Bauhaus punta sugli studenti di sesso maschile. Non sfugge a questo destino neppure Luise. Giunta al Bauhaus ad anno accademico inoltrato, è avviata al corso propedeutico. Al termine delle lezioni prende a frequentare un gruppo di coetanei fortemente legati alla figura del maestro Johannes Itten. Chiamato nel 1919 a dirigere il corso preliminare, Itten promuove ed educa i suoi studenti alla dottrina del Mazdaznan, un sistema sincretico fondato negli anni ‘90 dell’Ottocento da Otto Hanish, figura divisiva, a metà fra l’impostore e l’asceta. La dottrina spirituale del Mazdaznan prevede un regime alimentare vegetariano, periodici digiuni, esercizi di respirazione e immersioni nella natura con il fine di raggiungere la purezza fisica e spirituale - non mancano derive razziste. È a questa routine che Luise si consegna. Nel mentre, sedotta dal fascino androgino di Jacob, vive le inquietudini e le angosce di una relazione che vuole rompere i paradigmi. Richiamata a Berlino dai suoi, Luise dovrà fare i conti con la mentalità gretta dell’ambiente nel quale è cresciuta, ma la malìa del Bauhaus non l’ha ancora abbandonata...

Theresia Enzensberger, al suo esordio narrativo, scrive un discreto romanzo di formazione scegliendo di ambientarlo nella prestigiosa sede di Weimar del Bauhaus, la scuola di architettura, arte e design attiva tra il 1919 e 1925 e poi trasferitasi a Dessau e Berlino sino alla definitiva chiusura del 1933 imposta dalla Gestapo. Fondato e diretto da Walter Gropius, questo tempio della modernità si proponeva di conciliare estetica e utilità in un insegnamento che integrasse e armonizzasse le discipline, fornendo una preparazione onnicomprensiva. Al progetto innovativo del Bauhaus contribuirono alcune delle personalità più carismatiche del tempo: Moholy-Nagy, Paul Klee, Wassily Kandinsky e Johannes Itten. Sebbene sia interessante riflettere sul fatto che spesso movimenti razionali e avanguardistici ospitino e tollerino al loro interno istanze irrazionalistiche - come è appunto il caso del Bauhaus, che a elementi progressisti affiancava pratiche esoteriche e controverse teorie come quella eugenetica -, resta inspiegabile la scelta di dedicare a Itten e alla sua cerchia un’intera sezione del romanzo, la prima e più corposa. La Enzensberger ha costruito un romanzo sul Bauhaus e sulla controversa figura di Johannes Itten servendosi come pretesto del privato di una studentessa, e non viceversa come di solito accade. È questo il limite principale del romanzo, che indugia e si attarda inutilmente intorno alla sua vicenda personale e a quella del gruppo di studenti che si raccolse intorno alla sua persona. Alle motivazioni, ai timori e alle ambizioni della protagonista si allude per rapidi cenni. L’arco di trasformazione del personaggio non convince; Luise fatica a imporsi nella narrazione, si lascia vivere e trascinare dalle correnti sino a trovarsi immischiata senza convinzione nell’ambiente dei seguaci del Mazdaznan o a condividere senza reale partecipazione l’impegno politico dei colleghi di Dessau. Mancano visione, prospettiva e reale crescita: Luise conserva anche nel finale l’aria frivola e insicura che la Enzensberger le cala addosso nelle prime pagine.