
Gennaro Esposito sta percorrendo i vicoli di un quartiere deserto, per raggiungere il prima possibile l’ospedale Santa Casa dell’Annunziata a Forcella, dove è appena nata la sua nipotina, terza figlia della cognata Filomena e di suo marito Ferdinando Scuotto. Stringe tra le braccia una pianta con i fiori rossi, una stella di Natale, d’altronde questa è la notte del solstizio d’inverno. Chiama l’ascensore, ma poi preferisce le scale, lungo le quali comincia a sentire il caos dei suoi parenti che al primo piano stanno giocando a tombola. Lo zio Umberto chiama il terno, ma ormai il gioco è arrivato alla cinquina. Con lui ci sono tutti, anche i parenti giunti dalla provincia e la zia Assuntina distribuisce la pizza di scarola. Due bambini stanno davanti a una porta chiusa. Sono Ferruccio e Fedele, i fratelli della neonata, che non sono affatto contenti di avere una femmina tra i piedi, anzi, si informano presso lo zio su dove ci si possa rivolgere per cambiare i bambini, come fossero merce fallata. Nel frattempo vorrebbero entrare nella stanza della mamma ma la zia Caterina, un’altra parente, li tiene lontani con un bastone e fa entrare Gennaro nella stanza, dove la cognata si sta lamentando dei dolori del parto, ma trova anche il tempo per lagnarsi della stella di Natale, visto che a lei piacciono le rose. Cose che gli uomini non possono capire! Nella stanza c’è anche Dora, l’ostetrica, nonché sorella della puerpera e soprattutto moglie di Gennaro e lui ogni volta che la vede si accende d’amore, come se il tempo non fosse proprio passato. Il loro matrimonio non è stato benedetto da figli...
Irrazionale, ma estremamente accattivante, trascina il lettore in un mondo strano, fatto di sotterranei, monacelli, sussurri e ombre. E il lettore è costretto a seguire questa “lazzarona” di 14 anni che cerca i suoi veri genitori, la sua storia, mentre fa scoperte sensazionali. Eh sì, perché sensazioni ed emozioni primordiali a cui non sa dare risposta la portano a lacrime spesso non volute e, peggio, nemmeno notate. Non si tratta di una favola, anche se potrebbe averne i contorni, ma di certo è una storia irreale, pur se piena di verità tra leggende, tradizioni, vecchie storie napoletane. La Napoli sotterranea che vive ancora e sempre nei vecchi miti, ma soprattutto in misteri e visioni che vengono da molto lontano. E pur non spiegando razionalmente il procedere del romanzo (a parte nella parte relative alle umane miserie, sotto ogni punto di vista), ci si ritrova invischiati nelle trame di una storia affascinante nelle descrizioni, tra le pieghe che prendono gli eventi ricchi di odori e personaggi: il mito dell’uovo cosmico, i betili o pietre sacre che hanno in mano le sorti della gente, una antica moneta fenicia, una chiave, Atargatis e il mito delle sirene. E in tutto questo Napoli è un background estremamente credibile tra i suoi vicoli, il suo “ventre” e la sua storia e soprattutto quella di Partenope. Sì, una grande prova quella della scrittrice Lavinia Petti, che prende per mano il lettore e lo conduce in un mondo fantastico con una ragazzina testarda, ma coraggiosa, che passo passo ricostruisce, non senza correre pericoli, la sua storia.