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La ragazza di Hopper

La ragazza di Hopper

La mattina del 7 settembre 2020 una giovane cameriera di nome Nora Rednic viene trovata strangolata in una delle camere dell’Hotel Massimo D’Azeglio, a Roma, dove lavorava. Dopo i rilievi guidati dal capo della Scientifica Ghinassi, un uomo tanto acuto quanto presuntuoso, giungono sulla scena del delitto l’ispettore Ciccio Cacace e il commissario Flavio Bertone, che rimangono immediatamente impressionati dall’atmosfera presente nella stanza e dalla bellezza della vittima. La scena del delitto pare quella di un quadro, un interno toccato da una luce impalpabile che rende ancora più imperscrutabile il mistero della donna senza vita. È proprio l’ispettore Cacace a notare la somiglianza di quella situazione con un quadro dell’artista statunitense Hopper: anzi la scena del delitto pare la riproduzione fedele dell’opera Stanza d’albergo del 1931, in cui una giovane donna, molto somigliante a Nora, è seduta sul letto di una camera che presenta gli stessi colori e la stessa luce di quella dell’Hotel D’Azeglio. Bertone comincia le indagini interrogando dapprima Marisòl, la cameriera peruviana che ha trovato la vittima, poi Iancu Ciobotariu, il marito di Nora, un uomo scontroso e violento. La suggestione del quadro di Hopper, instillatagli dalle osservazioni di Cacace, continua però a lavorare nella mente del commissario che si convince a chiedere consiglio all’amica e critica d’arte Mafalda Moreas, direttrice del Whitney Museo di New York: la donna ascolta con attenzione la descrizione della scena dell’omicidio e della vittima, in tutto e per tutto simile alla giovane seduta nel quadro di Hopper. Alla fine anche Mafalda afferma che sì, Bertone è proprio finito in un quadro di Hopper, in cui le ambientazioni essenziali e soffuse nascondono, e allo stesso tempo rivelano, il dramma esistenziale dei loro protagonisti. Bertone comprende quindi che, per risolvere il caso, dovrà prima scoprire i segreti della povera Nora, la cui tristezza era già stata riconosciuta e rappresentata da Hopper nel volto di una giovane donna negli anni Trenta...

Fabio Bussotti è prima di tutto un attore formatosi alla prestigiosa Bottega Teatrale di Firenze, ha vinto il Nastro d’Argento come migliore attore non protagonista nel film Francesco di Liliana Cavani e, successivamente, si è speso come drammaturgo, sceneggiatore e traduttore. Ha intrapreso poi la carriera di scrittore con la serie del commissario Bertone, di cui La ragazza di Hopper è la settima avventura. L’idea di sovrapporre la scena dell’omicidio a quella di un’opera d’arte è molto suggestiva: la risoluzione del delitto diventa un po’ come l’interpretazione del quadro, perché, come in un dipinto, dietro le figure che animano la scena c’è sempre molto di più dell’apparenza, si cela un enigma che chiede di essere risolto e in cui si sovrappongono frammenti di vita non solo dell’autore, ma anche dell’osservatore che si cala all’interno dell’opera diventandone lui stesso protagonista. Il libro si apre con un salto temporale all’indietro rispetto alla vicenda: il 6 settembre 1963 il critico irlandese Brian O’Doherty infatti si trova a casa di Hopper a Truro, in Massachusetts, per intervistare il più grande pittore statunitense del suo tempo su incarico del Whitney Museum di New York (lo stesso dove lavora Mafalda Moreas, l’amica di Bertone). L’attenzione del critico si focalizza su un’opera poggiata sul cavalletto: l’interno di una stanza inondata dalla luce del mattino, in cui si nota la soppressione di una figura, probabilmente una donna. Lo stesso artista non sa o non riesce a rispondere alle domande su di lei e questa figura femminile, di cui rimane poco più di una suggestione sulla tela, è la stessa che fin dall’inizio del libro lega passato (la donna è quella di Stanza d’albergo del 1931) e presente (la scena del delitto all’Hotel D’Azeglio). Le due Nora, quella dipinta e quella reale, non solo alimentano l’alone di mistero intorno alla storia, ma diventano il simbolo di tutte le vittime private dei loro sogni e aspirazioni dalla violenza e brutalità di crudeli carnefici e testimoniano come le opere d’arte trasmettano i loro messaggi attraverso una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio.