
New England, 2013. Roya ha settantasette anni ed è in macchina con suo marito Walter. Ormai sono sposati da più di cinquanta anni e il loro rapporto è sempre stato basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco. Roya, fin da piccola, aveva sentito ripetere da sua madre che ognuno porta il proprio destino scritto sulla fronte con inchiostro trasparente. È impossibile da vedere, ma è lì, e la vita è costretta a obbedirgli. Sempre e comunque. Quando era giovane aveva pianificato tanto, tutto. Nell’estate del 1953 era a un passo dal realizzare quello che credeva fosse il sogno della sua vita, insieme a quel ragazzo. Il ragazzo che doveva cambiare il mondo. E, invece, l’unica cosa a essere cambiata quel giorno era stato il suo, di mondo. Per sempre. Walter parcheggia la sua macchina nell’apposita piazzola, in mezzo a mucchi di neve compattati. Gli inverni del New England sono rigidi, ma ormai Roya è abituata a questo clima. Sono decenni che non mette più piede nella sua Teheran e che non vede più quel cielo color lavanda e dipinto di così tante sfumature di viola da sembrare irreale. La portiera della macchina non si apre a causa del ghiaccio e Walter, da perfetto gentiluomo quale si è sempre dimostrato, fa il giro da fuori per permetterle di uscire. Giunti finalmente nell’atrio del Duxton Senior Center vengono accolti con entusiasmo da quella che immaginano essere la receptionist, Claire, una sorridente giovane sulla trentina. Roya le spiega subito che non sono lì per unirsi agli altri ospiti del centro per il consueto pranzo del venerdì. Walter, infatti, non ha intenzione di restare. Lei, invece, deve incontrare un uomo, un anziano paziente della casa di riposo. Il suo nome, pronunciato ad alta voce dopo tutti quegli anni, suona alle orecchie di Roya quasi alieno, proveniente da un’altra vita. Ma Claire sembra non farci caso. Anzi, si dimostra ancora più felice di conoscere finalmente la donna di cui ha tanto sentito parlare. Perché l’ospite della clinica conosce benissimo Roya, e da tantissimo tempo…
Nata in Turchia da genitori iraniani e cresciuta tra Iran, Germania, Kenya e Stati Uniti, Marjan Kamali è al suo secondo romanzo dopo Un marito all’ora del tè, pubblicato da Giunti nel 2013. Nonostante la sua struttura portante sia, a tutti gli effetti, quella di un romanzo d’amore, occorre non lasciarsi ingannare: La ragazza di Teheran è certamente questo, ma anche molto altro. Vi si ritrova uno spaccato di vita dell’Iran degli anni Cinquanta che, letto con occhi e mente occidentali degli anni Duemilaventi, fa francamente restare a bocca aperta. Molta parte del romanzo, infatti, è ambientata nel 1953, anno in cui la protagonista Roya si muove all’interno di una società estremamente moderna, aperta alle riforme e alle libertà individuali. Lei stessa è figlia di un impiegato governativo sostenitore della politica del primo ministro, eletto democraticamente, Mohammad Mossadeq. Le opinioni illuminate del Baba di Roya, al contempo, non sono a favore dello scià, a cui comunque riconosce il contributo in difesa dei diritti delle donne. Baba, infatti, “voleva che le figlie fossero istruite e avessero successo. L’istruzione era il suo credo e la democrazia il suo sogno”. Ne esce il ritratto di un uomo che mal si sposa con l’immagine occidentale stereotipata del credente musulmano. È a tutti gli effetti più che felice che il destino gli abbia dato solo due figlie femmine, per il cui futuro non esista a sacrificarsi. L’Iran descritto dalla penna di Kamali è un Paese pulsante, in cui non mancano le rivolte in piazza sedate troppo spesso in maniera violenta da forze dell’ordine corrotte, ma che appare avviato verso la democrazia e la modernità. Cos’è cambiato da allora? Non è sicuramente questa la sede per discutere di Storia contemporanea. Ma di certo, leggendo questo romanzo, non mancheranno gli spunti che porteranno il lettore interessato a desiderare un approfondimento in merito. In ogni caso, già da sole le pagine de La ragazza di Teheran bastano per smontare idee e preconcetti su un Paese e una cultura che troppo spesso si crede di conoscere soltanto per sentito dire. Questo libro, avvincente e dalla semplice lettura, è stato avvicinato da molti al Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, per la regione geografica in cui è ambientato. Volendo spaziare un po’ di più, però, si comprende come non abbia nulla da invidiare nemmeno alle molte pubblicazioni di Isabel Allende sia per i temi storici trattati, che per l’amore per la propria Patria che traspare dalle pagine, finanche alla resilienza (parola, ormai, anche troppo abusata) propria di tutti i personaggi che vi appaiono.