
450 Avanti Cristo: Leucippo si imbarca a Milito, fiorente colonia greca in Asia, ai confini tra gli Imperi mesopotamico ed egizio, e si dirige verso Abdera, in Grecia. Qui fonda una scuola filosofica e scientifica. Un suo giovane allievo, Democrito, ha l’intuizione su cui si fonda tutta la scienza contemporanea: osservando le ruote dei carri, vede il loro lento consumarsi per l’usura. Pensa che questo fenomeno sia legato alla perdita di minuscoli frammenti di legno: è possibile frammentare la materia all’infinito? si chiede: no, non è possibile, argomenta, perché se così fosse si arriverebbe ad avere una serie di punti senza estensione, dai quali non sarebbe possibile ricomporre la materia originaria. Allora la materia deve esser fatta da un numero finito di particelle indivisibili: gli atomi. Ma quanto è grande un atomo? Lucrezio, nel De rerum natura, riprendendo gli insegnamenti di Democrito, scrive: “Se guardi con attenzione un raggio di sole che entra per un piccolo foro in una stanza buia, vedrai lungo la linea luminosa muoversi e mischiarsi molti piccoli corpi […]. Da questo puoi dedurre come si muovano gli atomi nello spazio”. Nel 1905, un giovane fisico che lavora presso l’ufficio brevetti di Berna scrive tre articoli che spedisce alla rivista di fisica più prestigiosa del tempo, gli “Annalen der Physik”; nel primo, partendo dall’intuizione di Democrito e dai versi lucreziani, osservando il moto zigzagante (“browniano”) delle particelle molto piccole, come i granelli di polvere, riesce a calcolare le dimensioni delle molecole con cui queste particelle interagiscono e i cui urti provocano quel particolare movimento: di fatto determina le dimensioni degli atomi. Gli altri due articoli contengono i fondamenti della teoria della relatività ristretta - che dimostra la intima connessione tra spazio e tempo - e della duplice natura (corpuscolare ed ondulatoria) delle particelle di luce, i “quanti di luce”, che oggi chiamiamo fotoni. Il giovane si chiama Albert Einstein, e di fronte a certe estreme conseguenze delle sue intuizioni, avrebbe tentato di fare passi indietro, arrivando a modificare le equazioni da lui stesso proposte per tentare di costruire un modello concettualmente più comprensibile: come è possibile che l’Universo, per definizione infinito, sia in espansione? E cosa è ciò che definiamo realtà? Davvero potrebbe non esistere “una realtà oggettiva indipendente da chi interagisca con chi”? “Da quando abbiamo imparato che la Terra è rotonda e gira come una trottola pazza abbiamo capito che la realtà non è come ci appare. Ogni volta che ne intravediamo un pezzo nuovo è una emozione. Un altro velo che cade”.
Carlo Rovelli, veronese di nascita, classe 1956, è professore ordinario di Fisica teorica presso l’Università francese di Aix-Marseille, filosofo, divulgatore. Con La realtà non è come ci appare nel 2014 ha vinto la dodicesima edizione del prestigioso Premio Letterario Merck, dedicato a saggi e romanzi che presentino “un confronto ed un intreccio tra scienza e letteratura”, assegnatogli “perché con questo libro ci conduce in un viaggio attraverso 25 secoli per spiegarci come è cambiata la nostra immagine del mondo grazie ad alcuni grandi visionari della storia, ci fa arrampicare sulle vette del pensiero di Democrito e Lucrezio, di Galileo e Newton, ci rende familiari argomenti complessi come la meccanica quantistica, il modello standard, la natura granulare dell’universo, la relatività di Einstein, e ci invita addirittura a prendere seria visione di alcune idee estremiste emerse dai recenti studi sulla gravità quantistica, come quella secondo cui il tempo non esiste”. Pagina dopo pagina, Rovelli guida il lettore nell’affascinante viaggio nella millenaria e contraddittoria storia del pensiero scientifico, dalle intuizioni dei filosofi naturalisti greci, alle più inebrianti immersioni nella speculazione sulla non-esistenza del tempo, sulla “teoria dei loop”, sulla gravità quantistica, suo principale campo di ricerca, una passione che emerge con entusiasmo nelle pagine dedicate nel saggio a questo argomento: “Il mondo svelato dalla gravità quantistica è un mondo nuovo, strano, ancora pieno di mistero, ma coerente nella sua semplice e limpida bellezza. È un mondo che non esiste nello spazio e non evolve nel tempo. Un mondo fatto solamente di campi quantistici in interazione in cui il pullulare di quanti genera, attraverso una rete di interazioni reciproche, spazio, tempo, particelle, onde e luce”. Aspetti delle teorie più complesse sono trattati in pagine dense di poesia, come quelle in cui compara la struttura dell’Universo immaginata da Einstein e il Paradiso descritto da Dante nella sua Divina Commedia, o quelle in cui traccia connessioni tra la teoria dei loop e il comportamento dei buchi neri previsto da Stephen Hawking, solo per citarne alcune. Consigliato a chi abbia amato dello stesso Autore Sette brevi lezioni di fisica che di questo saggio, per certi versi, costituisce un compendio.