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La Repubblica degli italiani - 1946-2016

La caduta del fascismo, la situazione post-bellica e il passaggio dalla monarchia alla repubblica rappresentano il big bang della politica democratica italiana. Tra i primi a intuire la necessità di costituire un polo sociale costruito sui valori cattolici radicati nella nazione è Alcide De Gasperi. Già dalla metà degli anni ’40, il politico trentino lavora alacremente per ricondurre la comunità cattolica a esprimere il proprio dissenso verso i totalitarismi europei, tornando così, oltre che a riconoscersi negli ideali cristiani di libertà e uguaglianza, anche a riprendersi un ruolo nella vita politica del Paese. Nasce così la Democrazia Cristiana, partito di governo che, in maniera trasversale, cercherà di rappresentare il tessuto sociale italiano. La visione politica di De Gasperi porta presto alla stabilità nei rapporti tra i partiti membri del Comitato di Liberazione Nazionale e, soprattutto, renderà l’Italia protagonista nell’ambito del Patto Atlantico e del trattato economico di Bretton Woods. Nel 1953, un elettorato che comincia a frammentarsi, soprattutto orientato verso il PSI e il PCI, sarà la principale causa del forte ridimensionamento dei consensi per la DC; nonostante la maggioranza in parlamento sia ancora tangibile, il partito di De Gasperi realizza che la stabilità di governo dovrà necessariamente passare attraverso il dialogo con le forze della sinistra. Il bipolarismo netto derivante dalla Guerra Fredda e gli accordi internazionali che ne derivano non permettono al Partito Comunista Italiano di rappresentare l’alternativa di governo alla DC, nonostante sia di fatto il secondo soggetto politico per consensi. Alla luce di ciò, la Democrazia Cristiana individua nel Partito Socialista l’interlocutore perfetto, e l’apertura del Concilio Vaticano sancirà il tipo di sdoganamento necessario alla nascita dei governi di centro-sinistra, anche se ciò arriverà a generare spaccature ideologiche all’interno della forza centrista. Le politiche assistenzialiste che contraddistingueranno i governi degli anni ’60, dispendiose e affidate alla speranza di un ritorno economico derivante dagli investimenti statali in vari settori, trovano una battuta d’arresto all’inizio degli anni ’70; la crisi petrolifera e il cambiamento dell’asset finanziario mondiale esigeranno una riorganizzazione radicale delle politiche sociali. L’Italia si trova così a dover affrontare il passaggio da uno stato di relativo benessere al doversi confrontare con fenomeni come austerity, inflazione e, soprattutto, con un debito pubblico sempre più ingente. Malessere sociale, mancanza di alternanza di governo, una società che comincia a riconoscersi sempre meno nella visione cattolica saranno il contesto in cui si svilupperanno aspre battaglie che finiranno per tradursi nell’ascesa delle falangi estreme e del terrorismo…

Affermare che la chiave di lettura del presente (e, forse, anche del futuro) è la conoscenza del passato non è per nulla una banalità, soprattutto se si cerca di decifrare il complicato mosaico della politica italiana. Questioni di attualità come la frammentazione della sinistra, il berlusconismo, il populismo e il bipolarismo iperconflittuale della Seconda Repubblica trovano le loro radici in contesti molto più articolati e lontani nel tempo di quanto ci si possa immaginare. Il professor Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e tra i massimi esperti di politica italiana, analizza nel suo libro tutte le fasi salienti della nostra democrazia, delineando un compendio che può essere facilmente approcciato anche dal lettore meno tecnico. Con un grande numero di rimandi che potrebbero fornire, a chi interessato, lo spunto per molti approfondimenti (anche grazie alla corposa appendice di note bibliografiche), l’autore fornisce un quadro completo dei passaggi e dei meccanismi che hanno regolato le dinamiche causa-effetto della politica nostrana. Ma il vero plus dei quest’opera è la trasparenza con cui vengono affrontate pagine della Storia, a volte drammatiche, che facilmente potrebbero prestarsi all’interpretazione in chiave ideologica. Agostino Giovagnoli racconta e illustra la politica italiana degli ultimi settant’anni soprattutto attraverso considerazioni derivanti dall’analisi sociologica del nostro paese, fornendoci una decrittazione totalmente differente da quella giornalistica a cui siamo abituati. Sotto la luce dall’approfondimento storico, la nebbia mediatica che avvolge molti dei fatti più importanti della cronaca politica del dopoguerra si dissipa, mostrandone contorni definiti che, in alcuni casi, possono risultare del tutto inediti.