
L’8 settembre 1943 cambia per sempre la vita del diciannovenne Antonio Desiderati: dopo l’annuncio di resa pronunciato dal generale Pietro Badoglio, l’anarchia regna sovrana nell’esercito italiano che si sparpaglia e comincia una propria guerra interna per capire da che lato continuare a combattere e se raggiungere i partigiani. Pur senza aver un incarico ufficiale, il generale Enrico Caviglia prende in mano la situazione e prova a riorganizzare l’esercito, ma le truppe sono disorientate e faticano. In una di quelle giornate caotiche Antonio è preso, insieme ai suoi commilitoni, dai tedeschi che, dopo qualche giorno di stallo in rifugi di fortuna, caricano tutti i soldati italiani catturati su un treno lanciato fra l’Austria, la Polonia e la Germania. La fermata finale è Bremervorde, al freddo, a Nord, in un campo di detenzione divenuto tristemente famoso per la durezza con cui accoglieva i suoi ospiti. Inizia un lungo calvario per Antonio e per gli altri soldati, più volti richiamati a dover scegliere se rientrare a Salò al fianco di Mussolini, o se continuare a scontare la loro pena lontano da casa e dagli affetti. Antonio non ha dubbi e comincia la sua resistenza al regime fascista, da detenuto in un campo di concentramento…
Il lavoro di Sergio Desiderati, giornalista e sindaco di Guidizzolo (MN), è importante da un punto di vista documentale: raccogliere e diffondere il diario di detenzione del padre Antonio, raccontare una piccola storia esemplare di un soldato italiano poi deportato come IMI (Internato Militare Italiano) in un campo di lavoro in Germania, è un’operazione storicamente determinante. La grande Storia è frutto della somma e dell’incastro di tante piccole storie, quasi dimenticate dall’attenzione dei media, eppure importantissime per la ricostruzione completa di un determinato contesto. La storia di oltre settecentomila soldati italiani passati nei campi tedeschi come disertori, come traditori da riconvertire, e rimasti lì fortunatamente poco più di un anno, messi a dura prova dagli stenti della fame e da lavori umanamente insostenibili, è un tassello che spesso manca nei libri di Storia. Eppure sulla vita di questi eroi, di questi ragazzi che hanno saputo dire di NO al fascismo sacrificando la loro vita e la loro dignità, che hanno resistito al nazismo, si fonda una buona parte della nostra Resistenza. L’idea di fondere il diario del padre con altre fonti, con ricostruzioni di altri IMI reduci, di arricchire con foto e mappe il quaderno, modesto per spessore letterario, preziosissimo per il contenuto, è sicuramente buona e accattivante. Certo che lo stile del narratore, la cifra stilistica e la vena fin troppo confidenziale con cui si è voluto introdurre e condire il diario paterno, non sono all’altezza del manufatto. Probabilmente una più curata attenzione alle transizioni da un argomento all’altro ed agli approfondimenti, pure preziosi, ed una minore enfasi avrebbero meglio valorizzato il documento storico.