
Capodanno del 1931. Lugano. Il delegato di polizia Ezechiele Beretta viene esortato dal suo amico – il dottor Lurati – a fare quattro chiacchiere con una anziana signora a cui oramai resta poco da vivere e che è ricoverata presso il locale reparto di geriatria. La signora vorrebbe infatti confidargli un segreto. Beretta, lì per lì, non ha molta voglia di recarsi in un ospedale e stare ad ascoltare gli interminabili sproloqui di una vecchia, forse dettati da un ultimo assalto di demenza o chissà cos’altro. Ma l’accenno del medico allo Chateau de la Musique del Castello di Trevano gli fa cambiare idea. Liside Torricelli, questo il nome dell’anziana donna, pare infatti volergli esporre alcuni suoi dubbi riguardo alla triste fine di Vera, la figlia del barone von Derwies. I von Derwies, di origini russe, erano i proprietari del Castello di Trevano, per lo meno fino al 1881, l’anno in cui Vera morì, ufficialmente a causa di una caduta da cavallo: la vecchietta è più che sicura che Vera non sia morta in maniera accidentale, ma piuttosto sia stata uccisa. Ed ora che sente sempre più le forze venire a mancarle e la morte approssimarsi anche per lei, prima di esalare l’ultimo respiro, dunque, ci terrebbe tanto a che il delegato di polizia Beretta, che peraltro conosce da una vita – la famiglia Beretta abitava un tempo nello stesso palazzo di Liside, al Sassello, il malfamato quartiere di Lugano – prendesse in considerazione l’idea di riaprire le indagini su questa triste vicenda di cinquant’anni prima...
La ruggine del tempo di Dario Galimberti ci conduce in una Lugano d’altri tempi – l’epoca della Grande Depressione che da Wall Street diffuse poi un po’ ovunque la sua particolare tetraggine distintiva. Il delegato di polizia Ezechiele Beretta si muove nell’atmosfera un po’ fumosa di quegli anni grigi fra quartieri malfamati, incontri con strani personaggi non molto raccomandabili, nei crepuscoli in cui “Lugano pareva magica...”. Il romanzo – che è un ‘giallo’ abbastanza riuscito – vuole essere un omaggio in qualche maniera alla città di Lugano e in particolare al castello di Trevano che, come lo stesso autore ci fa sapere nella nota conclusiva, sorgeva fin dal 1875 su un colle nei dintorni della città, per poi essere demolito nel 1961; lo stesso colle dove Galimberti ha trascorso gran parte della propria vita dapprima come studente e poi in qualità di docente di Architettura. Scritto con notevole maestria, La ruggine del tempo è un romanzo denso di vita, ma non alla maniera del solito noir americano di terza categoria che diventa poi, guarda caso, quasi sempre un bestseller e dove accade un po’ di tutto: pagina dopo pagina ci immergiamo in un’opera composta con grande abilità e conoscenza e, nonostante ciò, pur sempre vitale e avvincente. Pare sia il primo capitolo di una serie dedicata al delegato di polizia Ezechiele Beretta. Bene. Perché Dario Galimberti, che non è ancora molto noto, ha tutte le carte in regola per diventare un nome di punta della scena noir in lingua italiana.