
Ramón Mercader è ad Amsterdam per questioni d’affari, o almeno questa è la sua copertura: lui, in realtà, è una spia dell’URSS di base in Spagna. Al momento, però, sta pensando di recarsi al più presto a Zurigo, giacché ha la netta sensazione di essere braccato. Mentre quindi si interroga su chi possa averlo tradito, non può sapere che intorno a lui si è messa già in movimento una vera a propria macchina al limite dell’assurdo. Gli americani della CIA, innanzitutto, sono sulle sue tracce, poiché hanno più di un sospetto nei suoi confronti, ma al tempo stesso anche gli agenti del KGB, temendo di stare per perderlo (o che addirittura possa cambiare bandiera) operano nell’ombra; a questa situazione già complessa si sommano però anche gli uomini della polizia segreta della Germania Est, sulle tracce degli americani, e infine anche gli agenti locali olandesi. Inizia dunque un turbinio dove non è sempre chiaro chi insegua chi, e tutti giocano una partita pericolosa dove le grandi potenze mondiali si misurano. In tutto questo, per non farsi mancar niente, non bisogna neppure dimenticare che questo Mercader non può essere l’originale: il vero Ramón Mercader era infatti nientemeno che l’assassino di Trockij. Questo nome pare però portare su di sé il peso di un destino infausto, e rischia di attrarre l’attenzione di troppi personaggi...
Jorge Semprún, morto nel 2011, ha avuto una vita burrascosa, per usare un eufemismo. Deportato a Buchenwald nel 1944 dai nazisti, si avvicinò poi al comunismo, diventando in seguito un oppositore clandestino del governo franchista. Sempre vicino quindi agli ambienti filosovietici del secondo novecento, se ne distaccò poi con durezza quando si venne a scoprire dell’esistenza dei campi di internamento russi. Contrario insomma a ogni tipo di regime dittatoriale, Semprún fu impegnato in prima linea nella lotta per le proprie idee, e anche in questo celebre romanzo s’avverte tutto il peso del suo carattere. Sempre, infatti, nella lettura del libro si ha la netta sensazione che la trama, seppur di invenzione, celi in realtà innumerevoli esperienze vissute in prima persona e trasfigurate in vario modo. È poi evidente anche il desiderio di comunicare al lettore una verità amara: i due fronti contrapposti, occidentale e sovietico, presentano molti più punti in comune che differenze, sia nella convinzione di lottare per cause giuste in assoluto, sia nell’utilizzo di metodi estremamente violenti. Eppure questo non è soltanto un romanzo di spionaggio, ma è soprattutto una grande prova d’autore, dove il montaggio di innumerevoli punti di vista è perfetto, e la penna si destreggia tra forme stilistiche varie ed elevate, dove le citazioni a Proust o a un celebre quadro di Vermeer (con il “piccolo lembo di muro giallo”) finiscono per essere più importanti della vicenda in sé.