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La sfida impopulista

19 aprile 2013. Sono passati quasi due mesi dalle elezioni politiche che hanno lasciato un’Italia spaccata a livello parlamentare e soprattutto ingovernabile. Il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, si dimette dopo che sia Franco Marini che Romano Prodi sono stati impallinati nelle votazioni per il nuovo Capo dello Stato (il secondo, fondatore del PD, addirittura da ben 101 “franchi tiratori” provenienti dal suo stesso partito). La legislatura sembra sul punto di morire in culla e con essa il PD, ma a togliere le castagne dal fuoco è Giorgio Napolitano, che si dichiara disponibile a una storica rielezione… Ottobre 2014. Paolo Gentiloni è deputato di spicco nella Commissione Esteri, ma la sua routine è destinata a interrompersi in maniera brusca: con le elezioni Europee, la titolare della Farnesina Federica Mogherini andrà in Europa, e fra i nomi sul tavolo c’è anche il suo. Viene allertato dal suo leader in maniera spicciola, con un sms: “Ore 18, Quirinale”… Altrettanto rocambolesco, e per certi versi inaspettato, l’approdo a Palazzo Chigi. Dopo la bocciatura della riforma costituzionale e le dimissioni di Renzi, si apre una crisi di difficile soluzione e si ipotizzano diversi scenari: elezioni anticipate, Renzi bis, un governo guidato da Giuliano Amato o Dario Franceschini. Poi a sorpresa spunta il suo nome, che con spirito di servizio si fa trovare pronto e disponibile: Paolo Gentiloni diventa premier nel dicembre 2016, e la sua sarà una leadership “impopulista”…

Paolo Gentiloni probabilmente non ha bisogno di alcuna presentazione, e come tale basta e avanza il suo curriculum politico di primissimo piano: Ministro delle Comunicazioni nell’esecutivo Prodi II, poi sostituto di Federica Mogherini come Ministro degli Affari Esteri dal 2014 e Presidente del Consiglio dopo le dimissioni di Renzi nel dicembre 2016, è oggi fra le figure di massimo rilievo nel centrosinistra e non solo. Per la sua pacatezza e i suoi modi da statista da Prima Repubblica è stato spesso considerato un pesce fuor d’acqua rispetto alla politica aggressiva e mediatica degli ultimi tempi, e lui stesso ha sintetizzato affermando di sentirsi come “una camomilla dopo anni di Red Bull” (la stoccata era chiaramente indirizzata al suo leader di allora, Matteo Renzi, e al suo dinamismo spesso eccessivo). La sua leadership è stata definita gentile, con un gioco di parole che coinvolge il suo cognome, mentre il politologo Ilvo Diamanti gli ha affibbiato l’etichetta di “impopulista”, ed è proprio in quella definizione che affonda le radici il suo La sfida impopulista, che è una sorta di dettagliato diario dei giorni di governo. C’è una grande dovizia di particolari nel raccontare i viaggi, gli impegni diplomatici, la meticolosità sua e di altri (Angela Merkel, per esempio, viene elogiata a più riprese per la sua preparazione senza eguali), i rapporti coi grandi di tutto il pianeta (Trump, Putin, Papa Francesco), gli spinosi casi internazionali a cui ha dovuto dare il suo contributo per una soluzione giusta (si pensi ai marò, a Giulio Regeni, ai migranti, alla Libia), le difficoltà dei tempi che stiamo vivendo e i molteplici segnali di instabilità che provengono da ogni parte del mondo. Il diario risulta godibile, al di là di numeri, dati e date molto precisi e circostanziati, per almeno un paio di motivi: innanzitutto perché Gentiloni si rivolge più di una volta ai governanti attuali, quei gialloverdi considerati avversari, ma chiamati a non disperdere il capitale di credibilità e flebile crescita accumulato negli ultimi difficili anni; e poi perché l’esponente del PD è tutt’altro che tenero, come ci si aspetterebbe dalla sua proverbiale tendenza a essere conciliante, e non lesina critiche molto precise ad alcune scelte scellerate fatte dal suo partito. Il sottotitolo “Da dove ripartire per tornare a vincere”, al momento della pubblicazione del saggio, sembrava eccessivo e utopistico, e lo è tutt’ora col vento in poppa per Matteo Salvini, ma le recenti elezioni europee hanno rimescolato le carte e dimostrato che qualcosa si muove in termini di fiducia e consenso per i principali partiti italiani. La sfida impopulista è appena all’inizio, ma per Gentiloni va combattuta con armi diverse rispetto alle destre e su un campo da gioco totalmente alternativo, per evitare altre batoste epocali.