
In una cittadina di provincia del North Carolina un agente di polizia comunica a una madre che sua figlia di sedici anni è morta. Jenny è stata trovata annegata senza che nessuno riesca a comprendere l’esatta dinamica di quanto accaduto. Il poliziotto che porta la notizia a casa di Jenny incontra anche sua sorella minore, una bambina spaventata e ferita, a cui sanguinano i piedi per aver cercato di fare la “grande” e di intervenire in una tragedia già consumata e che segnerà per sempre la sua esistenza e quella di sua madre. Il poliziotto le dice che presto manderà una infermiera a prendersi cura di lei e poi scappa, chiamato da un’altra emergenza da un’altra parte della città. L’infermiera si presenta il giorno dopo e le cura le ferite fasciandole poi i piedi in garze spesse e informi che dovrebbero impedire ai punti di riaprirsi. I punti però si riaprono e le bende si disfano perché quella bambina di dieci anni improvvisamente deve reggere una intera casa sulle spalle, avere cura di una madre viva solo all’apparenza ma completamente morta dentro e assistere al funerale della sorella. Una cerimonia privatissima con solo i famigliari e le colleghe del supermercato di sua madre, che si presentano in divisa perché è la loro pausa pranzo. Qualche giorno dopo arriva un altro poliziotto a fare una infinità di domande sperando che la sorellina di Jenny possa sapere qualcosa sul suo misterioso annegamento, ma la bambina resta chiusa in un impenetrabile silenzio. Un silenzio che dura ben venticinque anni, fino a che una notissima conduttrice di un podcast di successo arriva proprio nella piccola città del North Carolina per seguire un processo per stupro. Rachel Krall arriva a Neapolis nella diffidenza più totale, viene riconosciuta mentre fa colazione con frittelle di mirtilli e un caffè amaro e pessimo in una tavola calda e pensa che forse non è stata tutta questa grande idea essere andata fin là. Quello che ancora non sa è che la sua esistenza e quella della sorella di Jenny, la giovane annegata misteriosamente venticinque anni prima, stanno per incontrarsi e amalgamarsi perché ora chi ha sempre mantenuto il silenzio ha deciso di parlare…
La spiaggia ha una costruzione narrativa sorprendente e originalissima che porta il lettore ad affrontare e affezionarsi a più storie tutte insieme, a più personaggi tutti diversi tra loro e a location così vivide che sembra di camminarci dentro tutte le volte che l’autrice cambia inquadratura. Certo si tratta di un thriller, e in alcuni passaggi l’adrenalina si fa sentire, garantendo anche qualche brivido sulla pelle, ma questo di Goldin è anche un romanzo essenzialmente sociale che affronta in maniera affatto superficiale l’importanza dei social e della comunicazione nell’era del web, della sovraesposizione dei media e di tutto quello che comporta essere conosciuti e popolari. Allo stesso tempo è una storia di demoni emotivi da combattere e sconfiggere e di demoni veri da far giudicare e condannare. E quando il lettore pensa di avere compreso in qualche modo cosa sta per accadere, l’autrice cambia di nuovo registro e sposta l’attenzione altrove, a quel dettaglio che prima era sfuggito, a quell’indizio lasciato cadere tra le pagine della narrazione con una sapienza e una capacità da grande scrittrice. Goldin possiede anche una adeguata scrittura per immagini, un linguaggio evocativo e fotografico che permette a chi legge di imprimersi con forza stati d’animo, suoni, colori e descrizioni. Un thriller insolito, frastagliato e contaminato che si legge con avidità e che lascia con la piacevole sensazione di avere scelto la giusta lettura.