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La spiaggia infuocata

La spiaggia infuocata

Francia, 1917. Il rombo dei cannoni sveglia il capitano Micheal Courteney che resta al buio sotto il peso delle coperte fredde e viscide come un cadavere, e guarda i lampi delle esplosioni attraverso il telo della tenda, luminosi come “una spaventosa aurora boreale”. Diviso tra il freddo di vento e pioggia notturni e la vana speranza che grazie al meteo avverso non debba volare. Il vento però sta cambiando, ormai ha imparato a interpretare correttamente i rumori e si mette ad ascoltare con maggior attenzione il rombo dei cannoni che sembrano un brontolio lontano. A conferma dei suoi ragionamenti, il vento cessa, così come il ticchettio della pioggia, che si trasforma nel gocciolare dei meli. Si raggomitola ancora sotto le coperte umide e pensa alla paura che deve tenere per sé, ma che è sicuro di condividere coi colleghi altrettanto riservati sull’argomento, ma pieni di tic e piccole manie molto eloquenti. Un uomo non può avere paura. Un soldato non può avere paura. Il terrore di salire a bordo di fragili velivoli di fil di ferro, legno e tela li rende pazzi e li spinge a bere quel tanto che basta “per offuscare i riflessi di un uomo normale”. Biggs si introduce nella tenda del capitano per svegliarlo e aiutarlo a vestirsi, Micheal finge di dormire per non tradire l’ansia e scalfire la sua reputazione. C’è una scommessa in corso che lo dà vincente, lo informa Biggs. Così intabarrato da trasformare la sua figura snella e muscolosa in un corpo informe e gibbuto, il capitano raggiunge Lord Andrew Killigerran in mensa, dove non riesce a mangiare niente, lo stomaco strizzato per l’ansia. ..

Ennesimo romanzo della serie I Courtney, La spiaggia infuocata è un’altra delle opere meticolose di Wilbur Smith, dove il contesto storico è dettagliato superbamente e le descrizioni accurate trasformano l’Africa in un personaggio vero e proprio. Ma se da un lato lo stile è ricco e passionale, dall’altro la trama lo rende a tratti esagerato, a causa delle peripezie dei personaggi un po’ esasperate (senza spoiler!) anche per gli amanti del genere. Linguaggio e forma sono obsoleti, ma è comprensibile per un libro che sta per entrare negli “anta”, tuttavia, sono congrui con l’ambientazione e non infastidiscono. L’opera è un saliscendi stilistico tra scene d’azione mozzafiato ed emozionanti colpi di scena che lo rendono rapido e incalzante e descrizioni che, per quanto dettagliate e minuziose lo rallentano e lo rendono ridondante ed esasperato: non solo i paesaggi, ma anche tecniche belliche e di volo, particolari aeronautici, azioni militari. Non mancano inoltre scene esageratamente romantiche e degne di un romance dozzinale, che stonano nel piano dell’opera. Vengono comunque affrontati temi importanti come l’amicizia, l’amore e il disturbo post-traumatico da stress di migliaia di giovani stanchi e impauriti, mandati a morire con equipaggiamenti scadenti e inadeguati. Che poi alla fine, Wilbur Smith resta un Maestro della letteratura d’avventura, il suo stile è (era) unico e indipendentemente dal gusto personale, non si può non apprezzare il sapiente mix di elementi che ne hanno fatto uno dei più amati scrittori d’avventura contemporanea.