
L’11 di aprile del 1995 è un martedì, e non sembra in nessun modo una giornata diversa da tutte le altre: in una casa come tante, una donna trascorre il tempo della sua quotidianità intenta in occupazioni semplici, consuete, normali, quasi banali. Il rumore di fondo di un notiziario scandisce dettagli sul conflitto nei Balcani e parla di una Sarajevo in pericolo e in piena emergenza umanitaria, nonostante teoricamente la guerra appaia quasi finita. La vera deflagrazione nella vita della donna, una bomba che squassa il suo fragile equilibrio, arriva però con lo squillo del telefono, e con quelle notizie che riceve una volta alzata la cornetta, mentre, bevuto un sorso d’acqua, attende che le uova divengano sode e, secondo la ricetta di zia Rosa, possa riempirle delicatamente di maionese. Da quel momento nulla è più come prima: sua nonna, Leda, le dà l’improvvisa notizia della morte del padre per un’infezione ai polmoni che non si era potuta evitare in alcun modo: sente le ginocchia piegarsi e la nonna farfugliare ancora qualcosa d’indistinto, mentre il telefono precipita a terra. Dice che arriverà il giorno dopo, e riaggancia…
C’è chi ama viaggiare e chi lo detesta, c’è chi adora gli aerei, e in volo legge, guarda il panorama, si rilassa con la musica, un gioco, un film o dorme un sonno profondo e continuo e chi invece odia staccarsi da terra, in balia di un mezzo pilotato da qualcuno su cui non può avere il controllo, tanto da non riuscire a fare nulla, nemmeno bere o mangiare, che non sia soffrire come in un letto di briciole e vetri aguzzi. Carola Minincleri Colussi, performer, artista multidisciplinare, regista e autrice, prende le mosse - per sua stessa ammissione - per il proprio riuscito esordio propriamente narrativo, dalla riflessione sulla spiacevole sensazione iniziata a provare d’un tratto pensando all’idea, lei che lo ha sempre fatto, di viaggiare in aereo. Paura che ha un ruolo centrale nella vita della protagonista dell’opera, Agata, orfana di madre, nata a Ginostra, un luogo da cui è difficile spostarsi, perché si trova su un’isola, Stromboli, una dimensione altra che si rivela anche nelle impervie fragilità del suo carattere, quello di una donna inquieta, spesso più osservatrice che alle redini della sua vita, che scopre pian piano l’amore, una professione come quella di fotoreporter e il suo posto nel mondo. Un romanzo lirico, d’ampio respiro, elegante, raffinato, compiuto, caratterizzato nel dettaglio, approfondito per quanto riguarda non solo le ambientazioni ma anche, se non soprattutto, le dinamiche interpersonali accuratamente descritte e che si rispecchiano nel mondo in cui si sviluppano, un ritratto di donna avvincente.