
San Francisco 1953: Perlie è una casalinga che, nella innocente e bigotta America del secondo Dopoguerra, ha deciso di dedicare la sua vita al marito Holland Cook e al loro bambino, il piccolo e taciturno Sonny. Nonostante le vecchie zie di lui - le gemelle Alice e Beatrice - l’abbiano messa in guardia in passato su un difetto al cuore del nipote, Perlie decide di sposare egualmente il suo affascinante e introverso Holland e con lui spera di costruirsi un futuro migliore. Il destino, però, non procede mai per vie dirette e lineari e Perlie dovrà fare i conti prima con la malattia del figlio, una temibile poliomielite, poi soprattutto con il passato del suo amato marito che un giorno si materializza dietro la sua porta nei panni del biondo e strafottente Buzz Drumer. Quello che sembrava un quadretto familiare felice quindi comincia purtroppo per lei ad andare in frantumi rivelazione dopo rivelazione, e a Perlie non rimane che lottare, come non ha mai fatto prima, per salvare il suo mondo e se stessa…
Un romanzo incalzante e coinvolgente, che combina il melò con la suspence e che ricalca certe atmosfere viste al cinema nel passato con "Lo specchio della vita" di Douglas Sirk o più di recente con "Lontano dal Paradiso" di Todd Haynes: uno spaccato della società americana degli anni '50 nella quale razzismo, amori clandestini, ipocrisia borghese, sentimenti trattenuti, parole non dette, infelicità soffocate si rincorrono a ritmo di swing. Nulla è come il lettore se lo immagina. Né Perlie, la disorientata protagonista, né tanto meno il suo ambiguo marito e l’autore (del quale Adelphi ha già pubblicato il sorprendente Le confessioni di Max Tivoli) sapientemente mescola le carte in tavola giocando con le speranze e i timori non solo dei suoi personaggi ma anche dei lettori. Un melodramma che ci parla di vite avvolte nel cellophane di una apparente perfezione ma inevitabilmente corrotte, proprio come un soprammobile sbeccato che continuiamo ad esporre nella vetrinetta del salotto buono perché non abbiano il coraggio di gettarlo via.
Un romanzo incalzante e coinvolgente, che combina il melò con la suspence e che ricalca certe atmosfere viste al cinema nel passato con "Lo specchio della vita" di Douglas Sirk o più di recente con "Lontano dal Paradiso" di Todd Haynes: uno spaccato della società americana degli anni '50 nella quale razzismo, amori clandestini, ipocrisia borghese, sentimenti trattenuti, parole non dette, infelicità soffocate si rincorrono a ritmo di swing. Nulla è come il lettore se lo immagina. Né Perlie, la disorientata protagonista, né tanto meno il suo ambiguo marito e l’autore (del quale Adelphi ha già pubblicato il sorprendente Le confessioni di Max Tivoli) sapientemente mescola le carte in tavola giocando con le speranze e i timori non solo dei suoi personaggi ma anche dei lettori. Un melodramma che ci parla di vite avvolte nel cellophane di una apparente perfezione ma inevitabilmente corrotte, proprio come un soprammobile sbeccato che continuiamo ad esporre nella vetrinetta del salotto buono perché non abbiano il coraggio di gettarlo via.