
Viso a viso, sospetta strega e zelante inquisitore. Nel gelo del salone di Palazzo Stella, Franchetta è sospesa nel buio e nel dolore dell’interrogatorio che dura ormai da ore, legata, la spalla slogata dagli impietosi tratti di corda, intontita al punto da non comprendere cosa l’uomo di fronte a lei stia dicendo. Franchetta, dalla mente sempre così acuta, dal temperamento deciso e irruente, è ridotta a una creatura nuda, impotente, debole, tutto il contrario di ciò che la donna era fino al giorno prima ed è stata in gioventù. L’inquisitore non mostra pietà; incalza, ossessionato, fanatico, vuole una confessione e farà di tutto per averla. Ma la strega non collabora. La strega lo fissa negli occhi, non sembra comprendere – se non per un breve, spaventoso frangente – lo scruta, per poi perdere le forze e conoscenza. Inaccettabile. La scuote, ordina una confessione. Franchetta rifiuta. È in quel momento che viene dato l’ordine di portare il fuoco...
Il processo alle streghe che ha avuto luogo a Triora, in provincia di Imperia, tra il 1587 e il 1589, è un doloroso – sebbene tra i meno noti al pubblico – ricordo di un’epoca intrisa di paura, intolleranza e pretesa di ordine. Il romanzo di Antonella Forte è un omaggio alle vittime di Triora – e, per estensione, a tutte le vittime passate di simili processi, con un occhio di riguardo per quelle donne da sempre individuate come capri espiatori, sacrificabili in nome del rigore e della diffidenza per il diverso. La congrega di guaritrici di Triora, quelle donne che detengono antichi saperi sulle erbe e i medicamenti, sono le prime a cadere vittima di accuse, sospetti e violenze, seguite a ruota proprio dalle loro accusatrici, in un macabro monito che in circostanze avverse alimentate dalla rabbia e la paura nessuno è al sicuro. La strega di Triora è un libro che si legge d’un fiato, emotivamente carico e intenso, ma non scevro da qualche difetto, primo tra tutti una certa propensione all’espediente dell’esposizione usato, in certi momenti, in modo poco credibile, con personaggi informati sugli eventi a livelli che rasentano l’onniscienza. Sempre a proposito dei personaggi, sembra prevalere un certo “appiattimento” caratteriale, con gli antagonisti che sono esseri spregevoli senza alcuna possibilità di redenzione, con tratti quasi macchiettistici, mentre la maggior parte delle guaritrici, in primis la protagonista, sono pressoché prive di qualsivoglia difetto – trascurabile o comunque fuori dal comune quando presente - ergendosi come bussole morali della narrazione al punto da rendere difficile l’immedesimazione per il lettore. Il finale suona affrettato, arrivando a chiudere e contemporaneamente lasciare sospese più linee narrative senza una vera risoluzione. In ogni caso, nel complesso La strega di Triora è una lettura godibile e avvincente, testamento di figure femminili la cui forza ha attraversato il tempo e la storia.