
Il semiologo Stefano Calabrese (Bologna, 1955) tratta bene e con cura la suspense. Ce ne spiega definizioni e lineamenti storici, prendendo acuto spunto da Omero, Aristotele, Virgilio, Orazio per arrivare alle prime teorizzazioni in epoca umanistica collegate anche al sistema letterario creatosi con la diffusione della stampa (e l’elevamento delle prestazioni neurocognitive del lettore) e poi alla nascita del romanzo moderno. Coglie la sua centralità nel nuovo autonomo genere emerso a partire dalla metà del XIX secolo con le metropoli e la ferrovia, la polizia e il giornalismo: la detective story. Illustra con profondità e rassegna critica alcune opere di capostipiti: Edgar Allan Poe, Arthur Conan Doyle, Alfred Hitchcock, Georges Simenon, tanti altri libri o film o serie cult e infine Stieg Larsson. Prende in esame funzioni e teorie contemporanee della suspense in relazione all’evoluzione, alla standardizzazione, alla pervasività del genere giallo–noir, soprattutto nella sua dimensione seriale, con la perdita delle “durate”. Uno dei cinque capitoli è stato scritto dalla brava giovane dottoressa di ricerca in Narratologia Federica Fioroni (videogame, pubblicità, Montalbano). La griglia critica offerta dal testo è notevole, rimarchevoli gli schemi e le competenze suggeriti, anche se una qualche riorganizzazione dei capitoli, un certo ordine di editing (non solo l’utile carattere talora più piccolo) avrebbero forse impedito alcune ripetizioni e alcuni cali di chiarezza espositiva (e di suspense). I riferimenti al genere “giallo” e sinonimi (e sottogeneri) purtroppo non sono sempre criticamente e storicamente accurati. Ricca e multidisciplinare la bibliografia finale.