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La tattica del ragno

La tattica del ragno

Il commissario Massimo Bassani ha un segreto che si porta dietro da tempo e che letteralmente lo “blocca” ogni qualvolta si trova a indagare su un caso di violenza sulle donne. Forse dopo tanti anni farebbe bene a parlarne con qualcuno, ma non ci riesce, e comunque nonostante la cosa finisca per turbarlo non poco lui rimane convinto che il suo lavoro non ne resta condizionato. O meglio è tutto nella sua testa, nella sua psiche, ma il suo lavoro da sbirro va avanti tanto che neppure i suoi stretti collaboratori se ne accorgono. Succede anche con l’ultimo caso. Una giovane donna viene ritrovata a Ferragosto morta sulla riva di un fiume. È stata strangolata e forse ha subito anche violenza sessuale. Ha i piedi nell’acqua, il viso piegato di lato, i capelli sugli occhi e la gonna sollevata a mostrare le parti intime. La biancheria è infatti accanto al corpo, piegata con cura, vicino alle scarpe della povera donna. E quell’attenzione, quel riguardo, che stonano così tanto con la brutale scena del crimine fanno ritornare immediatamente in mente al commissario Bassani un altro delitto molto simile avvenuto tempo addietro nella stessa zona. Anche in quel caso si trattava di una giovane donna e anche in quel caso accanto al corpo c’era la sua biancheria intima ripiegata con cura. Il commissario allora inizia a pensare che quella può essere una sorta di “firma” con cui l’assassino segna i suoi delitti. Può essere una pista da seguire per risolvere anche il primo omicidio avvenuto nel 2012? Bassani non lo sa, ma allerta immediatamente la sua squadra e ovviamente riferisce le sue impressioni al medico legale che è sulla scena del crimine con lui. I delitti delle giovani donne sono opera di un serial killer? E perché vengono ritrovate tutte sulla sponda di quel fiume?

Resto sempre sgomenta quando mi trovo di fronte a un libro scritto male e lo resto ancora di più quando sbirciando la bio dell’autrice mi rendo conto che dal suo curriculum questo non sarebbe dovuto accadere. La tattica del ragno ha errori di struttura come la mancanza di un antefatto che possa davvero creare un minimo di suspense o tensione in chi legge, o la scarsa cura nel presentare il poliziotto protagonista. Il lettore si trova catapultato immediatamente sulla scena del crimine a seguire un dialogo che stenta a capire dato che non conosce per nulla i personaggi. Ma c’è di peggio: gli errori grammaticali, come i tempi verbali sbagliati. Uno stile e un linguaggio che lasciano davvero perplessi: “È estate, fa molto caldo e i giovani si divertono a fare sesso”, perché un anatomopatologo dovrebbe esprimersi in questo modo e per di più sulla scena di un crimine efferato? E perché l’editor che ha avuto tra le mani questo romanzo non si è accorto di tutti questi errori? Sono sinceramente sconcertata perché a prescindere dai miei personalissimi gusti ritengo sempre che il rispetto nei confronti dei lettori debba essere la linea guida assoluta quando si desidera pubblicare un libro. In un giallo poi non basta dare, come usa tanto adesso, il taglio psicologico per renderlo inequivocabilmente un buon lavoro. Serve avere personaggi originali e robusti, resi in maniera altrettanto sapiente; serve una attitudine alla scrittura – di genere e non – che io personalmente in questo lavoro non ho trovato; serve una cura nello sviluppo della storia che crei una vera tensione emotiva che qui manca del tutto. Non conosco l’autrice e non ho letto nulla di lei prima di questo lavoro per cui probabilmente i premi conquistati con altri lavori sono stati del tutto meritati, ma La tattica del ragno è un romanzo non riuscito e io non posso non sottolinearlo.