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La terra degli uomini integri

La terra degli uomini integri. Vita di Thomas Sankara

Gaoua, Alto Volta, “il Paese più depresso dell’Africa subequatoriale”, 1961. Thomas ha dodici anni ed è uno dei dieci figli di un sergente dell’esercito del Paese africano. Una domenica mattina, all’uscita dalla messa, Thomas nota una bambina bella da togliere il fiato che ha un banchetto da lustrascarpe fuori dalla chiesa. Impietrito, si fa lucidare le scarpe e osserva poi suo padre lasciare cadere qualche moneta nel piattino che la bambina – che dice di chiamarsi Samira – ha davanti a sé. “Sono nomadi. Vagano per il deserto. Credono in un altro Dio”, gli spiega laconicamente l’uomo. Qualche giorno dopo, ricevuta in regalo dal padre per il suo compleanno una fiammante bicicletta rossa appartenuta ai figli del suo superiore francese, il Colonnello Moulinier, Thomas pedala felice per le strade deserte di Gaoua, sotto un sole rovente. Giunto nei pressi di un maestoso edificio bianco avorio, l’Hotel Indépendance, viene notato proprio dai due ragazzini francesi, che lo prendono a male parole: rivorrebbero la loro bicicletta indietro e aggrediscono Thomas, che riesce a mollare un pugno al più piccolo, facendogli uscire il sangue dal naso. Il più grande però prende Thomas a bastonate, fino a fargli perdere i sensi. Prima di svenire Thomas sente delle dita leggere che gli accarezzano la guancia e la voce di una bambina che gli chiede: “Stai bene?”. È lei. È Samira. Il giorno dopo, a scuola, Padre Essien – un sacerdote obeso, furbo e gaudente che fa il professore di Francese – nota i terribili lividi che Thomas ha sulla schiena e lo accompagna a casa sulla sua Renault 4 per parlare con i familiari del ragazzino. Giunti a destinazione, trovano il Colonnello Moulinier con i due figli che stanno raccontando la rissa (ovviamente come fa comodo a loro) al padre e alla madre di Thomas. Interrogato, il ragazzino risponde al Colonnello in modo sprezzante e suo padre per difenderlo finisce per dover subire l’ira del suo superiore e viene degradato…

Thomas Isidore Noël Sankara è stato ed è ancora una leggenda, una icona per milioni di africani e non solo. È spesso indicato come “il Che Guevara africano” e molti leader politici di oggi hanno il vezzo – come succede con il rivoluzionario argentino da decenni, ça va sans dire – di associare le loro proposte o il loro approccio alla sua figura (anche estetica oltre che storica). Del resto, Sankara ha lasciato una traccia importante nella storia dell’Africa, essendo il padre della nazione del Burkina Faso (espressione che significa “terra degli uomini integri” – da qui il titolo del libro), l’ex Alto Volta a cui volle cambiare nome nel 1984 per affrancarlo definitivamente dal suo passato coloniale. E anche la sua morte, avvenuta in circostanze non chiarissime a soli 37 anni il 15 ottobre 1987 durante il colpo di Stato guidato dal suo ex compagno e amico Blaise Compaoré, che cercò di cancellarne la memoria oltre che le riforme progressiste, ha contribuito a creare la leggenda di Thomas Sankara. Non manca chi oggi cerca di ridimensionare i suoi quattro anni come Presidente e di smitizzare la sua carriera politica, ma tanti Burkinabé ricordano ancora i grandi progressi nell’istruzione e nella salute pubblica avvenuti durante la presidenza Sankara, la sua feroce lotta alla corruzione e l’impegno innovativo per i diritti delle donne, l’impegno (che gli costò la vita) contro l’ingerenza delle nazioni colonialiste nell’economia e la politica dei Paesi africani. Come ha recentemente scritto un quotidiano di Ouagadougou, “(…) Le sue idee continuano a mobilitare folle inimmaginabili”. Malgrado questo poco conosciuto presso il grande pubblico italiano, Thomas Sankara è il protagonista di questo romanzo di Antonio Gentile, ingegnere pescarese con la passionaccia per la scrittura. Si ripercorre la sua parabola umana e politica dall’infanzia alla tragica fine, con un rispetto e un trasporto emotivo che è facile leggere in trasparenza. Questo trasporto e la benemerita scelta di far conoscere la figura di Sankara nel nostro Paese sono i due lati positivi – estremamente positivi – del libro di Gentile, che soffre però di una certa eterogeneità di stile che lo fa sembrare a tratti un romanzo per ragazzi, a tratti un crudo ritratto dell’Africa degli anni a cavallo tra Settanta e Ottanta. Un’alternanza di atmosfere che spiazza il lettore ma che comunque non cancella l’importanza di un romanzo molto originale per tema e ambientazione e senza dubbio istruttivo.