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La trilogia dei sensi – Risveglio

La trilogia dei sensi – Risveglio

Spinto dalla curiosità verso una storia di cui sente parlare da tutta la vita, e dal desiderio di mettersi in gioco dopo il dolore per la perdita del padre e per il dispotico egoismo della madre, il Principe si addentra nel castello dove si dice che dorma la Bella Addormentata dopo essersi punta il dito con un fuso stregato. Si fa strada tra i corpi senza vita di altri principi e rovi spaventosi, senza lasciarsi scoraggiare e con l’intento di trionfare nell’impresa, riuscendo a entrare nella grande Sala dei Banchetti, dove Re, Regina e tutta la Corte, così come anche valletti e servi giacciono addormentati sotto la polvere e le ragnatele lungo la tavola del banchetto o appoggiati alle pareti. Senza paura il Principe si addentra nel castello, alla ricerca della sua torre più alta, certo di trovarvi la Principessa, immersa in un sonno decennale. Ma nonostante conosca molto bene la storia, di certo la beltà della fanciulla addormentata lo coglie impreparato coi suoi lunghissimi capelli biondi sparsi sul velluto verde del letto, e il corpo morbido e giovane, illuminati dalla luce della finestra che egli stesso si affretta ad aprire, per goderne appieno il profilo delle labbra semiaperte e le tenere palpebre chiuse. Le si avvicina e con un dolce sospiro le sfiora le guance, poi sguaina la spada, la stessa con cui un attimo prima si era aperto il passaggio tra i rovi, e taglia senza difficoltà il tessuto ormai liso dell’abito, lasciandola nuda e offerta alla sua vista...

Primo capitolo di una trilogia erotica ispirata alla fiaba La Bella addormentata nel bosco, Risveglio vorrebbe essere un romanzo erotico, ma si riduce invece a nient’altro che una grottesca fiaba gotica per adulti, che inizia con uno stupro e dove la fanno da padrone sadismo, sottomissione e torture. Difficile scriverne evitando spiacevoli spoiler, perché storia e struttura sono strettamente connesse tra loro. Privo di una trama vera e propria è piuttosto un susseguirsi di “immagini” che si ripetono con minima variabilità, limitandosi a raccontare un piacere perverso e violento. Lo stile narrativo è scorrevole e il linguaggio, ispirato allo stile fiabesco senza cadere nel ridicolo, è accattivante e vivace ma poco descrittivo: Anne Rice si diverte a offrire al lettore soltanto degli spunti molto precisi su cui fantasticare, senza scendere nei particolari, ma lasciando invece molto spazio all’immaginazione. Peccato per i contenuti e i personaggi vuoti e privi di spessore: l’idea era estremamente buona e avrebbe avuto un grande potenziale erotico se fosse stata sviluppata in quella direzione, invece il romanzo è costruito sul rapporto schiavo-padrone, sull’umiliazione, l’obbedienza, il possesso, e gli esseri umani sono trattati come giocattoli e trofei, educati – ammaestrati – per subire qualsiasi desiderio o percossa, con una visione unilaterale del piacere sessuale, preteso e ottenuto con la violenza e la sottomissione.