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La tua casa pagherà

La tua casa pagherà

Los Angeles, venerdì 8 marzo 1991. Ava e Shawn hanno in programma una serata al cinema con il cugino Ray ed i suoi amici. Fuori dal cinema la fila è lunga, ma hanno già i biglietti in mano e devono solo aspettare il loro turno per entrare. Si trovano a Westwood, una zona in cui si recano raramente. Westwood è infatti un ordinato quartiere della città frequentato prevalentemente da bianchi, ben diverso da South Central, attorno a cui ruota la loro vita di adolescenti neri. Ava è la sorella maggiore di Shawn, sempre pronta a tenerlo sotto la sua ala protettiva da quanto i loro genitori non ci sono più; i due vivono con zia Sheila, la madre di Ray. La fila fuori dal cinema comincia a dare i primi segni di nervosismo. Lo spettacolo è annullato – dice qualcuno – a quanto pare sono stati venduto troppi biglietti. L’atmosfera si scalda. Un uomo a fianco di Shawn alza la voce: “Hanno paura di noi. Vedono dieci neri e pensano che ci siamo portati dietro il ghetto”... Los Angeles, sabato 15 giugno 2019. Grace è in ritardo ad un appuntamento con la sorella. Di solito non si lascia trascinare negli impegni della vita sociale di Miriam, così diversa dalla propria, lei che è figlia devota di due genitori coreani immigrati negli Stati Uniti, ma per questa volta ha deciso di fare un’eccezione. Oggi incontrerà la sorella ad una commemorazione per uno studente nero ucciso dalla polizia a Bakersfield, in California. Grace è in mezzo alla folla, ma per ora non c’è traccia di Miriam. Si concentra sul discorso che sta pronunciando l’oratore con grande passione: “Puoi anche essere disarmato, ma qualcuno potrà comunque ucciderti con la piena protezione della legge […] Ricordate Ava Matthews, proprio qui, a L.A.”…

L’autrice mette in scena la vita di due famiglie, una afroamericana e l’altra coreano-americana, il loro equilibrio precario, la cui esistenza si inserisce nel clima di tensione razziale che attraversa gli Stati Uniti, ben prima del movimento Black Lives Matter. I fatti narrati sono basati su un reale episodio di cronaca nera avvenuto a Los Angeles nel 1991, l’uccisione da parte di una negoziate di origini coreane della quindicenne Latasha Harlins con un colpo di arma da fuoco alle spalle per il presunto furto di una bottiglietta di succo d’arancia. Non ci viene mostrata una verità assoluta e certa, ma piuttosto punti di vista dei singoli personaggi (concetto esposto anche in La Matematica è politica di Chiara Valerio, per esempio). Non ci sono buoni e cattivi in questa storia, ci sono persone che sembrano segnate da un triste destino solo perché hanno avuto la sfortuna di nascere e crescere in quartieri poveri, non solo economicamente poveri, ma poveri di stimoli, dove il destino naturale di una buona parte degli adolescenti sembra quello di entrare a vario titolo in gang (un problema sociale che rimanda molto da vicino a situazioni precarie dipinte in Gomorra da Roberto Saviano). È descritta una società che non ha mai sperimentato davvero l’integrazione, dove forte è la diffidenza verso il prossimo se questo non appartiene alla propria comunità, che sia nera o coreana o bianca; una società violenta e frammentata in gruppi etnici che conducono esistenze separate. All’interno del romanzo i capitoli si alternano tra le vicissitudini della famiglia afroamericana e quella della famiglia coreano-americana: entrambe le famiglie ci vengono dipinte come vittime dell’ambiente in cui vivono. Del sistema. Il romanzo è davvero potente, scritto magistralmente. Combina in sé una storia avvincente, una penna leggera e scorrevole ed una riflessione profonda – da saggio romanzato – su cosa siano realmente gli Stati Uniti per le persone comuni. Se si potesse attribuire un quarto panino, questo libro lo meriterebbe di sicuro.