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La vita improduttiva

La vita improduttiva

Le varie società del mondo sarebbero rette (e mosse) da principi energetici che ne regolerebbero dall’esterno i movimenti. Ne Le forme elementari della vita religiosa Émile Durkheim annotava che “l’ambiente in cui viviamo ci appare come popolato da forze allo stesso tempo imperiose e utili, auguste e benefiche, con le quali siamo in relazione”. Tre principi energetici costituirebbero, poi, secondo il teologo Jacques Vidal, il desiderio degli uomini di vivere pienamente in comune: il sacro, la violenza e l’eros. L’energia antropologica potrebbe dunque essere intesa come la volontà di potenza a cui si riferiva Nietzsche, o l’élan vital di Henry Bergson. Lungo questa tipologia di problematiche alquanto metafisiche prende corpo il pensiero di Georges Bataille, che ne La parte maledetta del 1949 si chiedeva: “La determinazione generale dell’energia che percorre il campo della vita è alterata dall’attività dell’uomo? O quest’ultima, al contrario, non è distorta nell’intenzione che si dà, da una determinazione che ignora, trascura e non può cambiare?”. L’organizzazione sociale, infine, può alle volte entrare in una fase di distruzione e degenerazione, l’anomia di Durkheim, ovvero un momentaneo indebolimento della densità morale che lega gli individui all’insieme sociale. Qualcosa di simile avviene durante qualsiasi festa popolare. L’anomia - e i comportamenti che ne conseguono - potrebbero essere intesi pertanto come un tentativo di auto-affermazione attraverso la cancellazione temporanea dei parametri morali e culturali che delimitano l’identità dell’individuo...

È noto che molti lettori della Fenomenologia dello Spirito di Hegel abbiano poi dovuto essere trattati con Anafranil per periodi anche lunghi, a causa della profonda depressione scaturita dalla lettura dell’opera del filosofo tedesco (si può ad esempio consultare: il blog “La Botte di Diogene”): ebbene, questo nuovo lavoro di Philippe Joron non è da meno: un volume sulle 180 pagine da leggere con le dovute precauzioni (precauzioni che non necessariamente risulteranno poi anche utili: noi almeno vi abbiamo avvisati). Aspetti negativi: un marcato accademismo che talvolta potrebbe anche suonare obsoleto (a meno che non si intenda il volume come rivolto ai soli specialisti); una traduzione che a volte lascia a desiderare, i periodi risultano qua e là di difficile comprensione. Partendo da quelli che sarebbero alcuni punti chiave del pensiero “sociologico” di Georges Bataille, Philippe Joron si interroga sulle cosiddette attività improduttive e sul dispendio, richiamando non solo le teorie degli autori che ruotavano attorno al Collège de sociologie, ma un po’ tutta la diatriba scientifico- filosofica che caratterizzò la prima metà del secolo scorso, a ridosso degli anni in cui il fascismo salì al potere. Philippe Joron è professore ordinario di sociologia all’Università Paul- Valery di Montpellier, dove dirige il LEIRIS (Laboratorio interdisciplinare di studi sull’immaginario e il reale). È considerato uno dei maggiori esperti del pensiero di Georges Bataille.