
George Markam è un uomo scialbo, all’apparenza passivo. Un maldestro che riesce a farsi biasimare sul lavoro e in famiglia, dove sua moglie Elaine non perde occasione per mortificarlo. In questo disastro che è la sua vita George riesce comunque a ritagliarsi momenti tutti per sé, attimi in cui sogna di essere qualcun altro e di fare cose che nella vita reale sa che non potrebbero succedergli mai. Questi momenti particolari che si concede vengono sostenuti da riviste altrettanto “particolari” che oltre a permettergli di provare piacere fisico, gli permettono di sfogare la sua immensa frustrazione tramite mutilazioni e sfregi alle donne ritratte sulle pagine patinate mediante un coltello a serramanico. Ma proprio in uno di questi momenti tutti suoi la foga, l’estasi o chissà cos’altro lo portano a ferirsi senza neppure rendersene conto e quando la respirazione e il battito ritornano normali, l’uomo - impressionato dal sangue che copioso sgorga dalla sua gamba - si decide ad allertare la moglie e farsi portare in ospedale. Qui, prima che un medico riesca a ricucirgli le ferite e dimetterlo, viene visitato da un infermiere specializzato che rassicurandolo in maniera molto professionale non può fare a meno di chiedersi come abbia fatto l’uomo a ferirsi con un coltello mentre stava eiaculando. Quello che l’infermiere ignora è che George da quell’episodio in poi non sarà mai più la persona che tutti conoscevano…
Thriller abbastanza scontato questo di Martina Cole, che propone il solito paradigma killer-polizia-vittima che vuole vendicarsi e se non fosse che l’autrice in queste cose è ormai una vera maestra, si sarebbe spinti a dire che è tutto già visto: anzi, già letto. Invece la Cole intorno a uno spunto di partenza scialbo dipinge tante sfumature interessanti, che spingono comunque il lettore a non mollare la storia. Prima di tutto la scrittrice è bravissima nella costruzione dei personaggi, che siano essi protagonisti, figure minori o semplici comparse e poi è anche molto portata per le descrizioni, ambientali ma anche dei vari stati d’animo. Quindi i lettori si trovano davanti a un romanzo fondamentalmente un po’ banale, ma scritto e realizzato con grande talento. Un talento autoriale che si dipana anche nelle pagine in cui la storia da essenzialmente thriller acquista sfumature da romanzo rosa. È vero che a me personalmente queste contaminazioni in un romanzo del genere fanno sempre alzare gli occhi al cielo, ma è altresì vero che molte, moltissime lettrici al romance nei thriller ci prendono davvero gusto. La Cole, infine, ha abituato i suoi lettori al fatto che nelle sue storie non esistono vie di mezzo e il segreto del suo successo è proprio quello di riuscire a impostare l’intera narrazione tra bianco e nero, bene e male, misfatto e punizione, buoni e cattivi. È una tecnica autoriale riuscitissima perché i lettori non possono non scegliere con chi schierarsi o con chi far scattare l’identificazione. Una cosa, questa, che fa dimenticare e non pesare le oltre seicento pagine di scrittura fittissima.