
La festa, tutt’intorno a loro, rumoreggia. Robert Oppenheimer e il suo amico Haakon Chevalier sono seduti su un divano del salotto. Chevalier ha da poco compiuto trentacinque anni ma ha l’aspetto di una star del cinema: i capelli biondo sabbia pettinati all’indietro e il volto affilato. Accanto a lui, Oppenheimer sembra un tipo smunto: è alto e spigoloso e, quando si muove, ha la stessa andatura goffa di un’anatra. Chevalier fa notare all’amico una giovane, molto bella, che da quando i due sono entrati non ha degnato neppure di uno sguardo Haakon, mentre non toglie gli occhi di dosso da Oppie. È a causa degli occhi, aggiunge Chevalier: impossibile resistere ai suoi opali. Oppie è abituato a ricevere complimenti per gli occhi azzurri, ma nessuno li ha mai paragonati alla pietra cui fa riferimento l’amico. La sua attenzione si sposta poi sulla ragazza in questione. È effettivamente molto bella e continua a fissarlo. Quel volto, pensa Oppie, gli ricorda il ritratto di donna che accompagna la poesia Une martyre nell’edizione del 1917 de Les fleurs du mal di Baudelaire. Oppie vuole assolutamente conoscerla, anche perché pungolato di continuo dall’amico, ma non può avvicinarla di punto in bianco e attaccare bottone. Ci pensa la padrona di casa, Mary Hellen, a presentarli l’un l’altra. Rotto il ghiaccio, tra i due la conversazione procede come se si conoscessero da sempre: Jean – così si chiama quello splendore – ha una voce calda e, vista da vicino, è ancora più bella. Chiacchierano per più di un’ora e la conversazione si sposta da un argomento all’altro. Occorreranno diverse feste, tuttavia, prima che Oppie trovi il coraggio di invitare Jean a cena. Quella sera lui la riaccompagna a casa a piedi e lei gli prende la mano. Quando arrivano all’ingresso dell’edificio dove la ragazza vive, Oppie la tira a sé e la bacia, prima piano poi con passione sempre crescente. I due cominciano a frequentarsi con regolarità, ma Oppie non impiega molto tempo a scoprire il lato oscuro di Jean: studia per diventare psichiatra, ma da tempo lei stessa è in cura presso uno specialista. Soffre di incubi e sbalzi d’umore. Oppie e Jean si fidanzano ma lei, all’improvviso, interrompe la relazione, asserendo di non essere pronta. Con il cuore a pezzi, Robert frequenta altre donne e, quando la giovane Kitty rimane incinta, Oppie fa il suo dovere e la sposa, anche se il suo cuore è ancora invaso da Jean…
Einstein, Szilard, Fermi, Oppenheimer sono solo alcuni degli scienziati presenti nel romanzo di Robert J. Sawyer – scrittore canadese, classe 1960, che si occupa prevalentemente di fantascienza – e chiamati a interagire tra loro per cercare di trovare una soluzione all’imminente pericolo che minaccia il mondo. Robert Oppenheimer – lo scienziato responsabile del progetto Manhattan, ideato per sconfiggere i nazisti e i loro alleati nelle acque dell’oceano Pacifico, ma conclusosi con lo sgancio della bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki – si pone a capo di un team di scienziati che tenterà di arginare un’imminente sciagura: intorno al 2030 è prevista un’enorme esplosione del sole che andrà a interessare il suo strato più esterno, con conseguente certa distruzione dell’intero sistema solare. Non c’è tempo, occorre arginare il pericolo ed evitare che un’onda di energia senza eguali invada il pianeta Terra e ne annienti ogni forma di vita. La ricerca della soluzione diventa, per Sawyer, l’occasione per una profonda riflessione, da parte dei vari scienziati chiamati a dare il loro contributo, sulla portata di alcune scoperte scientifiche, sulla gravità degli errori di alcuni scienziati e sulle motivazioni etiche e morali che riguardano l’uso della bomba atomica. I protagonisti, scienziati di spessore monumentale, cercano una possibilità di riscatto per chiunque abbia contribuito, consapevolmente o meno, all’olocausto e sono, allo stesso tempo, fortemente spaventati dalla portata delle loro intuizioni e invenzioni geniali. Un romanzo, quindi, che è fantascientifico e storico insieme e spinge il lettore a interrogarsi sul divario netto che esiste tra scienza ed etica, tra le scoperte che possono cambiare il mondo e la mancanza di scrupolo di chi se ne serve per il proprio personale ed esclusivo interesse. Un intento nobile quello di Sawyer, che dà vita a una storia che, purtroppo, non appassiona mai del tutto il lettore. Forse il motivo sta nelle oltre cento pagine iniziali in cui, al di là della presentazione dei protagonisti, non accade nulla; forse la ragione sta nella penna dell’autore che indulge nella descrizione di ciò che sta a margine del cuore vero e proprio della storia. Fatto sta che il romanzo è lento e troppo squilibrato tra una prima parte, immersa nel reale e piuttosto faticosa, e una seconda parte in cui l’immaginazione prevale e il ritmo prende forza, rendendo la lettura meno stanca.