
“Look, look Mr. Silvera!”. L’uomo sorride stancamente, come fosse distante da dovunque stia portando i turisti affidati alla sua guida. È alto, con un profilo da medaglia romana, ma sono la postura e le mani a colpire: dita lunghe e sottili, che potrebbero far apparire degli assi da baro, maneggiare uno strumento musicale o scorrere su intimità coperte di seta. Come un maestro di scuola, ha contato e controllato i 28 che adesso indicano la laguna dall’oblò come potrebbero indicare San Pietro, vedono senza guardare, “Look, look!” e mentre l’aereo finisce l’atterraggio, il suo sguardo incontra quello di una passeggera seduta dall’altro lato del corridoio. Mr. Silvera aiuta la signora con cui ha incrociato lo sguardo a tirare giù una valigia, al suo grazie risponde con un laconico “Ah”. E lo stesso le dice aiutandola a scendere l’ultimo gradino della scaletta e guardandola poi andare via su un motoscafo, mentre lui controlla che i bagagli delle sue pecorelle siano tutti infilati nella pancia del pullman che l’Imperial include nel modico prezzo del viaggio. La signora a posteriori pensa fra sé che se non fosse stata così distratta e incurante avrebbe notato prima l’usura dell’abito, che pur impeccabilmente portato mostra i segni di tutti i suoi anni. Forse si sarebbe soffermata a pensare anche, con un po’ di compassione, al fallimento di quel povero sefardita (il nome lo identifica senza dubbio) che alla sua età è ridotto per campare a fare quel mestiere infame, l’accompagnatore di turisti mordi e fuggi, perlopiù ignoranti e incontenibili come bambini in gita. Ma si è distratta, non ha fatto caso a questi particolari e adesso fa dei paralleli fra il mestiere dell’uomo e il suo. Certo i compensi sono diversi, ma molto simile il doversi approcciare, sia pur per ragioni diverse, a gente a volte davvero orribile e dover abbozzare, ingoiare e spesso sorridere…
La coppia Fruttero & Lucentini credo non necessiti di alcuna presentazione. Autori di una ventina di romanzi, altrettante antologie (fra partecipazioni e curatele), sceneggiatori di successo e per più di vent’anni condirettori della collana di fantascienza “Urania”. L’amante senza fissa dimora è un romanzo del 1986, indefinibile. L’uso alternato della prima e della terza persona descrive i movimenti (perché di questo si tratta, una partitura che i due protagonisti eseguono e gli autori dirigono). Un concerto di note che movimenta il ritmo del racconto come i canali e la laguna di Venezia, dove la vicenda si svolge. È un mistery ma anche una storia (d’amore?) fra l’antiquaria sposata che incontra in aereo e Mr. Silvera, ebreo olandese con passaporto inglese che nei suoi movimenti lenti, misurati, nei suoi silenzi interrotti talvolta da quell’esclamazione, “Ah”, - che assume significati diversi ogni volta che lui la pronuncia - gioca un gioco sottile, un ping pong in cui non si capisce mai chi sia in vantaggio, ma soprattutto quale sia la posta in gioco. Potrebbe essere l’amore. Tre giorni vissuti sullo sfondo di campielli e calli, fuori dai percorsi turistici, benché ricchi di Storia, intrisi di un passato che sembra imprigionato nelle acque dei rii, come imprigionati sembrano la donna e Mr. Silvera, in un’attrazione che diventa complicità e rimpianto. Il presente e chissà se il passato o il futuro scandiscono i momenti che i due passano insieme, inquinati a volte dai sospetti della donna o dalla disarmante rassegnazione di Silvera: ad un destino uguale a se stesso, o forse all’essere costretto a mantenere un segreto. Affascinante - e a mia memoria mai ripetuta da altri autori - la formula “processuale” con la quale un personaggio terzo, come un pubblico ministero, pone domande da avvocato del diavolo per spingere la protagonista a capire quel che Silvera ha confessato ad altri perché non poteva dirlo a lei. Un romanzo da leggere e rileggere, per godere in toto di una magia che si mantiene inalterata negli anni.