Salta al contenuto principale

L’amore addosso

lamoreaddosso

Stanno passeggiando sulla spiaggia. La mano di lui scivola lentamente da quella di lei e, in un battito di ciglia, Federico si accascia. Giulia, per un attimo, pensa si tratti di uno scherzo, poi realizza e comincia ad urlare. Urla mentre sbottona la camicia all’uomo e cerca disperatamente di praticargli un massaggio cardiaco; urla mentre si rende conto che basta un attimo per capire che si può amare qualcuno e che questo sentimento può fare paura. Quando caricano Federico in ambulanza le permettono di salire accanto a lui e, una volta giunti al Pronto Soccorso, portano immediatamente l’uomo in sala operatoria, mentre qualcuno finalmente le chiede il tipo di legame che li lega. E Giulia mente - non può fare altro - e dichiara di avere soccorso quel signore, che si è improvvisamente ripiegato su se stesso, ma di non conoscerlo affatto. Ci tiene tuttavia ad avere sue notizie e, per questo, si siede in sala d’attesa, mentre le gambe le tremano e il cuore le va a mille. Ripensa a ciò di cui stavano parlando prima che tutto accadesse, ripensa alla sua borsa e al telefono che sono rimasti là, nella loro casa al mare, un bilocale sulla spiaggia di cui hanno pagato l’affitto in contanti, per evitare di lasciare tracce sospette. La loro casa, il nido segreto nel quale saziarsi reciprocamente del loro amore clandestino. Una figura femminile le si avvicina e si presenta: è la moglie di Federico, una donna che dovrebbe non aver mai visto prima, ma che ha invece un viso familiare e le assomiglia troppo, più di quanto Giulia possa accettare. La donna la ringrazia, le dice più volte che ha salvato la vita di suo marito e, mentre si allontana per tornare al capezzale dell’uomo, Giulia realizza per la prima volta cosa significhi essere “l’altra”. Intanto, qualcuno la sta cercando disperatamente al telefono, per comunicarle che suo marito Emanuele è stato appena condotto in ospedale - lo stesso in cui l’ignara Giulia si trova - a seguito di un brutto incidente d’auto…

Una donna divisa a metà, una donna che conduce due diverse esistenze, due facce opposte di una stessa medaglia. Da una parte una moglie apparentemente fortunata e una figlia altrettanto apparentemente devota; dall’altra un’anima lacerata che si ribella all’ipocrisia che la circonda e si lascia andare a una passione che la riempie e la completa. Una donna che affronta i suoi numerosi ruoli di moglie- di un uomo che sembra affettuoso e dolce ma che appare distante e potrebbe nascondere segreti spiacevoli di figlia - di una madre arrivista, invadente e soffocante -, di sorella - di una ragazza troppo impegnata a programmare le proprie nozze per fermarsi a osservare, e magari supportare, chi le cammina al fianco -, e di amante - di un uomo che potrebbe regalarle la passione vera e i sogni - lacerata costantemente dal pensiero di ciò che è diventata e di quello che, invece, avrebbe potuto essere. Giulia, la protagonista del romanzo di Sara Rattaro, autrice genovese capace, in ogni suo romanzo, di toccare le corde più profonde del cuore raccontando i sentimenti, le paure e le speranze con un linguaggio diretto e mai giudicante, è una donna con un pesante fardello alle spalle, legato ad una scelta del passato che ha condizionato ogni suo successivo passo nel mondo delle relazioni e dei sentimenti. Apparentemente Giulia non è sola, può contare sull’amore di molte persone, ma portarsi l’amore addosso non sempre è un vantaggio: c’è chi ha paura di perderlo e chi se lo tiene ben stretto al cuore, per mantenere vivo un legame con il passato che fa male, ma è necessario. Tra scelte sbagliate, incomprensioni, pregiudizi e silenzi, i rapporti si sbiadiscono e i legami si allentano. Ma l’amore vero è forte e potente ed è in grado di rimettere insieme tutti i tasselli di quell’incredibile puzzle che è la vita. Una storia potente, carica di indignazione e speranza; una vicenda che parla di madri e di figli, di amicizia e famiglia, di maternità incompiuta e silenzi, di verità e rispetto. Una lettura, ricca di spunti di riflessione, che ci ricorda che “Non esiste un tempo per diventare grandi. Ne esiste uno perfetto per crescere”.