Salta al contenuto principale

L’amore di pietra

amoredipietra

Grażyna Jagielska è ricoverata in una clinica psichiatrica. È un bel posto in collina, circondato da boschi e in lontananza, oltre la rete metallica, un fiume scorre lento. La diagnosi di ingresso è disturbo post-traumatico da stress. Nel parco della clinica suo marito Wojtek sceglie una panchina appartata per salutarla, è abbattuto e con la coscienza che rimorde. È per colpa sua che Grażyna è lì. Lui è un famoso corrispondente di guerra polacco, pluripremiato, sempre pervaso dall’ossessiva frenesia di raccontare i conflitti, di trovarsi nei luoghi dove scoppia o potrebbe scoppiare qualche cosa. Una corsa senza fine con il bagaglio sempre pronto. Wojtek va con l’adrenalina a mille, supportato sempre da sua moglie. Finiscono per lei i sogni di girare il mondo per motivi di studio, il loro matrimonio nomade si è fermato. Rimane a casa, alleva suo figlio, si cura del cane e aspetta. A poco serve cambiare l’arredamento per rendere le stanze più alla moda. La consapevolezza che suo marito potrebbe non tornare mai più, che potrebbe morire in Georgia, in Cecenia, in Inguscezia o nel Kashmir, la cambia profondamente. La sua vita è intermittente: quando Wojtek torna, è lucida e operativa, quando lui riparte tutto il suo essere si blocca e la mente si attorciglia attorno al pensiero della morte di suo marito. Vive attaccata al telefono, sperando che non suoni e temendo che squilli per la fatale notizia. È in clinica per questo, i medici le dicono di trovare ogni giorno un pensiero gioioso, magari sempre lo stesso, pur di allontanare quello ricorrente della morte di Woitek. Passano i giorni e Grażyna lega con un altro paziente Lucjan e sulla panchina del parco passano in rassegna le loro vite…

L’amore di pietra di Grażyna Jagielska è un memoir lucido e toccante. Entrare nell’animo di questa donna, moglie e madre dà la misura del sacrificio di chi decide di supportare per amore il proprio compagno, anche a discapito della propria salute. Attraverso i racconti di guerra di suo marito lei interiorizza e soffre. Wojciech Jagielski è uno dei maggiori corrispondenti di guerra polacchi, per vent’anni ha documentato numerosi conflitti, dall’Asia all’Africa, per la prestigiosa “Gazeta Wyborcza”. Cinquantatré guerre che esaltano lui e torturano lei. Per Wojciech, la moglie e la casa rappresentano un punto di riferimento necessario al suo ritorno, per potersi sentire al sicuro e scaricare le sue ansie. Grażyna, invece, attende e teme, allo stesso tempo, il ritorno del marito, perché con sé porta sempre storie di massacri e violenze che lei non vuole ascoltare, ma che lui sente di doverle raccontare, ingigantendo in lei il trauma. Lasciarlo è impensabile, lei lo ama profondamente e lo aspetta, giorno dopo giorno nello spazio angusto della cucina o chiusa in un armadio a muro. Grażyna nell’istituto psichiatrico racconta la propria storia al medico, il Canuto, e a un altro paziente, Lucjan, che diventerà il suo unico amico. Il racconto è lineare e potente: emerge il dolore di cui la donna vuole liberarsi, per il quale chiede un’assoluzione. Due soggetti ricorrono ossessivamente nel testo, persone che nei territori bellici hanno incrociato Wojciech: la cecena Taya di Argun, vittima di violenze sessuali e Merab Kakubava, ragazzo georgiano massacrato, falciato da una raffica di proiettili, con la testa staccata dal collo e la fisionomia trasfigurata. Questi due soggetti sono come fantasmi che chiedono salvezza. È Grażyna a sentirsi in colpa per queste persone che il marito si è lasciato alle spalle, appropriandosi delle loro storie, scrivendone, senza poter fornire loro un aiuto concreto. L’amore di pietra descrive un grande e totalizzante amore ma non certo un idillio. È la dolorosa discesa in un gorgo cupo, ma dopo la resa ad un amore di pietra che blocca, Grażyna è pronta a risalire. Un merito speciale va alla traduttrice Marzena Borejczuk che, con sensibilità e rispetto, avvicina i lettori italiani all’esperienza di questa donna.